Danno al dipendente: risarcimento e indennità non cumulabili

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Danno al dipendente: risarcimento e indennità non cumulabili

Il Consiglio di stato si è pronunciato sulla valenza del principio della cd. compensatio lucri cum damno, nella determinazione del danno cagionato dal datore di lavoro pubblico ad un proprio dipendente.

Cumulo o differenza?

La somma che spetta a titolo di risarcimento per la lesione della salute conseguente alla esalazione di amianto nei luoghi di lavoro è cumulabile con l’indennizzo percepito a seguito del riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio oppure tale indennizzo deve essere decurtato dal risarcimento del danno?

E’ questo il quesito che hanno dovuto risolvere i giudici amministrativi a seguito di ricorso proposto dal ministero della Giustizia, ai fini della riforma di una sentenza del Tar per la Calabria che aveva condannato il dicastero al risarcimento del danno non patrimoniale alla salute subito da un dipendente, un sostituto procuratore della Repubblica, in conseguenza dell’esposizione all’amianto.

La soluzione – ha sottolineato il Collegio amministrativo nella sentenza emessa in adunanza plenaria n. 1/2018– “non può essere unitaria ma è strettamente correlata alla specificità delle fattispecie concrete”.

Divieto di cumulo

Orbene, nella fattispecie specificamente esaminata, i giudici amministrativi hanno dato ragione al ricorrente ministero e concluso per il divieto di cumulo tra risarcimento e indennità.

Con l’occasione, è stato formulato il principio di diritto secondo cui “la presenza di un’unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalità compensativa del pregiudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalità giuridica e in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilità, il divieto del cumulo”.

Da qui consegue la necessità di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo di indennità.

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