Custodia in carcere con pericolosità dell’indagato
Pubblicato il 14 marzo 2019
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La Corte di cassazione ha fornito utili precisazioni per quanto riguarda i criteri di scelta delle misure coercitive custodiali, e, in particolare, in merito alla scelta della custodia in carcere al posto degli arresti domiciliari, per inadeguatezza di quest'ultima misura.
L’inadeguatezza degli arresti domiciliari – ha evidenziato nel testo della sentenza n.10947 del 13 marzo 2019 – può essere, in particolare, affermata:
- sia in presenza di elementi specifici in relazione alla personalità del soggetto che inducano a ritenere che quest'ultimo possa essere propenso a disubbidire all'ordine di non allontanarsi dal domicilio, in violazione della cautela impostagli;
- sia quando la gravità del fatto, le motivazioni di esso e la pericolosità dell'indagato depongano nel medesimo senso, ossia per la propensione all'inosservanza delle prescrizioni.
In particolare, con riferimento ai criteri da seguire per valutare l'inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari rispetto alla custodia in carcere – che, si rammenta, costituisce la extrema ratio – la Suprema corte ha ricordato il principio più volte ribadito ai sensi del quale l’adeguatezza della misura in concreto applicata deve essere valutata alla stregua di un giudizio prognostico fondato su elementi specifici inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità dell'indagato.
In detto contesto, assume sicuramente particolare rilievo la pericolosità dell'indagato.
Arresti domiciliari al posto del carcere solo con prognosi positiva
E’ sulla base di detti assunti che la Terza sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso da un uomo, coinvolto in un’indagine di traffico di stupefacenti, contro la misura cautelare della custodia cautelare in carcere a lui applicata.
Secondo gli Ermellini, il giudice di merito aveva congruamente e logicamente motivato nel senso di ritenere che, atteso lo spessore delle ravvisate esigenze cautelari, queste non fossero contenibili se non mediante la misura estrema della custodia cautelare in carcere.
Difatti, nella specie, non poteva confidarsi sulla buona volontà e coscienza dell'imputato, né sussisteva alcun elemento concreto che potesse fondare una prognosi positiva di rispetto degli ambiti di libertà connaturati a misure meno afflittive.
In particolare, erano stati evidenziati i seguenti elementi:
- assenza di una capacità di autocontrollo attraverso la scelta di uno stile di vita, dedito ai facili guadagni attraverso il commercio della droga;
- possibilità di eludere ogni sorveglianza per il contatto con organizzazioni criminali di alto livello;
- modalità della condotta connotate da particolare astuzia nella custodia dello stupefacente e nell'utilizzo di mezzo di comunicazione non intercettabile.
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