Azione contro i sindaci? Va provato inadempimento, danno e nesso causale
Pubblicato il 19 ottobre 2022
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Nell'ipotesi in cui il curatore del fallimento eserciti azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci della società, la prova dell'esistenza del danno, del suo ammontare e della riconducibilità dello stesso al comportamento illegittimo degli organi della fallita spetta all'attore, secondo le regole generali.
Al convenuto, invece, compete dimostrare la non imputabilità dell'evento dannoso alla sua condotta, mediante la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi impostigli dalla legge.
In particolare, al fine di accertare la responsabilità dei sindaci per omessa vigilanza sull'operato degli amministratori, l'attore è tenuto a fornire la prova non solo dell'inadempimento dei doveri dei sindaci e del danno conseguente alla condotta degli amministratori, ma anche del rapporto di causalità tra l'inerzia dei primi ed il danno arrecato alla società.
L'omessa vigilanza, infatti, rileva laddove possa ragionevolmente ritenersi che l'attivazione del controllo avrebbe consentito di evitare o limitare il pregiudizio.
Nesso causale: inversione onere prova solo per scritture contabili del tutto assenti
In tale contesto, si può configurare un'inversione dell'onere di provare il nesso causale soltanto quando l'assoluta mancanza ovvero l'irregolare tenuta delle scritture contabili rendano concretamente impossibile al curatore fornire la relativa dimostrazione.
Questo perché, in tal caso, la condotta del sindaco, integrando la violazione di obblighi specificamente posti a suo carico dalla legge, risulta di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio della società.
Violazione obblighi di controllo non provata, niente risarcimento
Sono questi i principi richiamati dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 30383 del 17 ottobre 2022, pronunciata in riferimento ad una causa in cui il curatore fallimentare di una SRL aveva convenuto in giudizio, oltre all'amministratore unico della fallita, i componenti del collegio sindacale della stessa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni cagionati alla società.
Il curatore, dopo che la Corte d'appello aveva rigettato la domanda nei confronti dei sindaci, si era rivolto alla Suprema corte, davanti alla quale aveva lamentato, tra gli altri motivi, un vizio di motivazione.
Doglianza, questa, a cui non ha aderito il Collegio di legittimità, secondo il quale la Corte territoriale aveva adeguatamente assolto al proprio dovere motivazionale: la responsabilità dei sindaci era stata esclusa in virtù di un accurato esame delle relazioni depositate dal CTU del giudizio di primo grado e da quello nominato in sede di gravame, perizie che erano state poste a confronto tra di loro nonché con le censure sollevate dai difensori delle parti.
Il giudice del gravame, sulla base di puntuali osservazioni riguardanti gli specifici punti controversi, era pervenuto all'affermazione dell'insussistenza della dedotta violazione degli obblighi, posti a carico del collegio sindacale, di controllo contabile e vigilanza sull'andamento della gestione della società.
Da qui la declaratoria di inammissibilità del ricorso della curatela.
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