Crediti di lavoro. Trasferimento d’azienda provato per testi dal lavoratore

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Crediti di lavoro. Trasferimento d’azienda provato per testi dal lavoratore

Secondo la Cassazione, non è necessario, per il lavoratore, fornire la prova scritta del contratto di trasferimento d'azienda al fine di ottenere le proprie spettanze verso la società fallita.

Difatti, l'art. 2556, primo comma, del Codice civile, prevede sì la forma scritta ad probationem per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento di azienda, ma, come tutte le disposizioni concernenti la prova di un contratto, opera solo con riguardo alle parti contraenti.

Da parte dei terzi, infatti, la prova del trasferimento dell'azienda non è soggetta ad alcun limite e può essere fornita anche mediante testimoni.

Prova del contratto di trasferimento d'azienda: per i terzi vale ogni mezzo

E' quanto evidenziato dalla Corte di cassazione, con ordinanza n. 5320 del 18 febbraio 2022, nell'accogliere le ragioni di un lavoratore che aveva proposto opposizione allo stato passivo del fallimento di una Srl, per un credito di lavoro asseritamente maturato.

Il Tribunale, nella contumacia della curatela del fallimento, aveva respinto la predetta opposizione ritenendo che non fosse stato provato il rapporto di lavoro con la fallita.

Nella decisione di merito, in particolare, era stato ritenuto che la responsabilità di quest'ultima, affermata dall'opponente ai sensi dell'art. 2112 cod. civ. in ragione di intervenuta operazione di trasferimento d'azienda, non era stata supportata da prove: il trasferimento era sì risultato dalla visura camerale allegata in sede di verifica dei crediti, ma il documento non era stato riprodotto nella fase di opposizione.

Secondo l'organo giudicante, inoltre, la vicenda traslativa dell'azienda avrebbe dovuto esser riscontrata per documenti, ai sensi dell'art. 2556 cod. civ., non essendo sufficiente, al riguardo, la prova per testi così come richiesta dall'interessato.

Da qui il ricorso in sede di legittimità del prestatore, secondo il quale, per contro, le limitazioni della prova menzionate dal Tribunale non operavano nei confronti dei terzi.

Le doglianze del ricorrente sono state pienamente accolte dagli Ermellini.

Opposizione al passivo: i documenti della domanda d’insinuazione non vanno prodotti, basta indicarli

In primo luogo, la documentazione relativa alla domanda di insinuazione al passivo non doveva esser necessariamente prodotta dalla parte nella fase di opposizione, essendo difatti sufficiente indicarla, seppure specificamente, nel ricorso in opposizione. Il giudice di merito, in tale contesto, non avrebbe potuto liquidare ogni questione affermando di non poterla acquisire d'ufficio.

Contestualmente, andava considerato il principio acquisito secondo cui l'art. 2556, primo comma, cod. civ., richiamato opera solo con riguardo alle parti contraenti e non è applicabile ai terzi che, come il lavoratore, intendano provare il fatto storico del trasferimento, onde trarne le dovute conseguenze quanto ai propri crediti di lavoro.

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