Corte Ue: certezza nei rimborsi Iva

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La circostanza che nella normativa nazionale italiana sussistano due differenti termini di decadenza in materia di richiesta di rimborso dell’IVA indebitamente applicata, non pregiudica il principio di effettività sancito in ambito comunitario. Purchè, però, si renda realmente possibile all'istante accedervi, altrimenti gli Stati membri sono tenuti a rimuovere gli ostacoli che impediscono il rispetto del principio di effettività.

Sono le conclusioni cui è giunta la Corte di giustizia europea nella sentenza 15 dicembre 2011 - procedimento C-427/10 – a seguito della questione portata al suo cospetto dalla Corte di cassazione nostrana.

Per i giudici europei è legittimo che un ordinamento preveda la possibilità di agire per la ripetizione di un indebito con modalità diverse e di fronte ad organi giudiziari diversi: se si tratta di committente/acquirente, opera il termine decennale di decadenza per ricorrere alla magistratura ordinaria; se si tratta di cedente/prestatore di servizi, vige il termine biennale per adire il giudice tributario.

Quello che la Corte Ue ritiene essere in contrasto col principio di effettività è il fatto che il soggetto passivo non riesca materialmente ad ottenere il rimborso dell'imposta non dovuta, che egli stesso è stato tenuto a rimborsare al committente dei suoi servizi. In questo caso l'ordinamento nazionale deve provvedere a rimuovere l'impedimento.
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