Corte UE: banche senza interessi se non osservano gli obblighi informativi

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Corte UE: banche senza interessi se non osservano gli obblighi informativi

Gli istituti di credito sono tenuti a garantire la massima trasparenza nelle informazioni fornite ai clienti, evitando formulazioni ambigue o indicatori di difficile comprensione.

Allo stesso tempo, i consumatori beneficiano di una maggiore protezione contro clausole contrattuali che potrebbero comportare costi non chiaramente esplicitati.

Credito ai consumatori: violazione informativa può far perdere alla banca gli interessi

Con la sentenza del 13 febbraio 2025, causa C-472/23, la Corte di giustizia dell'Unione europea si è espressa su una domanda di pronuncia pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere g) e k), e dell’articolo 23 della direttiva 2008/48/CE sui contratti di credito ai consumatori.

La domanda di pronuncia pregiudiziale

La domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra una società di recupero crediti polacca, in qualità di cessionaria dei diritti di un consumatore, e un istituto bancario, in merito alla richiesta di rimborso di una somma equivalente agli interessi e alle spese versate dal consumatore in base a un contratto di credito stipulato con la banca.

In discussione l’obbligo per le banche di comunicare in modo chiaro e preciso il Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) e le condizioni di variazione delle spese accessorie.

La controversia, nel dettaglio, era sorta a seguito della presunta violazione di tale obbligo da parte dell'istituto di credito, che avrebbe fornito un TAEG errato e non avrebbe spiegato in maniera esaustiva le modalità di modifica delle spese.

Il Tribunale nazionale aveva chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di chiarire se un’informazione incompleta o fuorviante potesse comportare la perdita, da parte dell’istituto finanziario, del diritto a riscuotere gli interessi e le spese previste dal contratto.

La decisione dei giudici europei

Obbligo di informazione nei contratti di credito  

Nel pronunciarsi sulla questione ad essa sottoposta, la Corte UE ha ribadito l’importanza della trasparenza nei contratti di credito, sottolineando che il TAEG deve essere indicato in modo chiaro e conciso al momento della stipula del contratto.

La medesima Corte ha tuttavia precisato che la semplice sovrastima di questo valore, dovuta a successivi interventi sui termini contrattuali per eliminare clausole ritenute abusive, non costituisce necessariamente una violazione dell’obbligo di informazione.

Di conseguenza, il ricalcolo del TAEG a posteriori, per via della rimozione di determinate condizioni, non comporta, di per sé, un illecito da parte della banca.

Parallelamente, la Corte ha evidenziato che un contratto deve specificare in modo chiaro le condizioni in base alle quali possono essere modificate le spese accessorie.

Se le regole di variazione delle spese si basano su indicatori che non possono essere verificati facilmente dal consumatore, si configura una possibile violazione dell’obbligo di informazione.

In tal caso, un consumatore medio si troverebbe nella condizione di non poter comprendere appieno gli oneri economici derivanti dal contratto e, di conseguenza, non avrebbe la possibilità di valutare correttamente il proprio impegno finanziario.

Conseguenze della violazione dell’obbligo di informazione  

Ciò premesso, i giudici europei hanno stabilito che, in presenza di una violazione significativa dell’obbligo di informazione, il creditore può essere privato del diritto di riscuotere gli interessi e le spese pattuite nel contratto.

La misura va considerata come una sanzione proporzionata, poiché impedisce agli istituti di credito di trarre vantaggio da condizioni contrattuali poco trasparenti a discapito del consumatore.

Valutazione al giudice nazionale 

In tale contesto, è compito del giudice nazionale valutare, caso per caso, la gravità della violazione e le sue conseguenze per il cliente, al fine di applicare correttamente la sanzione.

I giudici nazionali, in altri termini, assumono un ruolo centrale nell’applicazione dei richiamati principi in materia di informazione, essendo chiamati a verificare se i contratti di credito rispettino gli standard di chiarezza e completezza richiesti dal diritto dell’Unione.

I principi dettati dalla Corte UE

Di seguito le conclusioni rese dalla Corte UE:

"1) "L’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che: il fatto che in un contratto di credito figuri un tasso annuo effettivo globale che si riveli sovrastimato poiché talune clausole di tale contratto vengono successivamente ritenute abusive, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e, pertanto, non vincolanti per il consumatore, non costituisce, di per sé, una violazione dell’obbligo di informazione enunciato in tale disposizione della direttiva 2008/48.
2)     L’articolo 10, paragrafo 2, lettera k), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che: il fatto che un contratto di credito elenchi un certo numero di circostanze che giustificano un aumento delle spese connesse all’esecuzione del contratto, senza tuttavia che un consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto sia in grado di verificare la loro insorgenza e la loro incidenza su tali spese, costituisce una violazione dell’obbligo di informazione enunciato nella citata disposizione, a condizione che detta indicazione sia idonea a compromettere la possibilità di tale consumatore di valutare la portata del suo impegno.
3)      L’articolo 23 della direttiva 2008/48, letto alla luce del considerando 47 della stessa, deve essere interpretato nel senso che: esso non osta a una normativa nazionale che prevede, in caso di violazione dell’obbligo di informazione imposto al creditore ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva, una sanzione uniforme, consistente nel privare il creditore del suo diritto agli interessi e alle spese, indipendentemente dal livello di gravità individuale di una simile violazione, a condizione che tale violazione sia idonea a compromettere la possibilità del consumatore di valutare la portata del suo impegno".
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