Contributo a fondo perduto DL “Sostegni”, al via le istanze

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Contributo a fondo perduto DL “Sostegni”, al via le istanze

In attuazione dell’articolo 1 del D.L. n.41/2021, l’Agenzia delle Entrate ha individuato i passi da seguire per richiedere ed ottenere il contributo a fondo perduto destinato a sostenere le attività economiche danneggiate dall’emergenza da coronavirus. Il contributo viene riconosciuto ai titolari di partita Iva che esercitano attività d’impresa e di lavoro autonomo o che sono titolari di reddito agrario, ed è commisurato alla diminuzione del fatturato medio mensile verificatasi durante l’intero anno 2020 rispetto all’anno 2019.  Nella trattazione che segue si cercherà di fornire un quadro di sintesi dei diversi aspetti operativi.

Ambito soggettivo

Il contributo a fondo perduto può essere richiesto da numerosi soggetti (residenti o stabiliti in Italia) titolari di partita Iva che esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo o che sono titolari di reddito agrario.  

In particolare, il contributo spetta:

  • ai titolari di reddito agrario (di cui all'articolo 32 del Tuir);
  • a imprese e lavoratori autonomi rispettivamente con ricavi (di cui all'articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del Tuir) o compensi (di cui all'articolo 54, comma 1, del Tuir) non superiori a 10 milioni di euro nell’anno 2019 (in caso di soggetti con periodo d’imposta solare).

Se il soggetto svolge più attività, il limite dei 10 milioni di euro per l’accesso al beneficio riguarda la somma dei ricavi/compensi riferiti a tutte le attività esercitate.

Per quanto concerne la determinazione dell’importo dei ricavi e compensi conseguiti nell’anno 2019, sono validi i chiarimenti forniti con le circolari n. 15/E del 13 giugno 2020 e n. 22/E del 21 giugno 2020.

Soggetti beneficiari del contributo

  • imprenditori individuali e Snc, S.a.s. che producono reddito d’impresa;
  • soggetti che producono reddito agrario;
  • enti e società indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del TUIR;
  • stabili organizzazioni di soggetti non residenti;
  • enti non commerciali che esercitano, in via non prevalente o esclusiva, un’attività in regime di impresa, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.
  • persone fisiche e associazioni di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c) del Tuir che esercitano arti e professioni, producendo reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53 del Tuir.

Inoltre, possono beneficiare del contributo in esame i soggetti che adottano il regime cd.“ forfetario”. Per questi è sorto, da più parti, il dubbio sul criterio da adottare ai fini del calcolo; nel silenzio della norma, la soluzione privilegiata dall’Agenzia sembra quella di tener conto del “fatturato” (e non del valore reddituale), ossia considerare il momento di emissione del documento che certifica il corrispettivo delle cessioni e/o prestazioni, a prescindere dal momento in cui si realizza il relativo pagamento. Conseguentemente, per il calcolo del contributo occorrerà raffrontare i documenti aventi data di emissione 1° gennaio - 31 dicembre 2019 con quelli aventi data 1° gennaio – 31 dicembre 2020.

Di converso, il contributo a fondo perduto “non” spetta:

  • ai soggetti che hanno attivato la partita Iva successivamente al 23 marzo 2021 (data di entrata in vigore del DL “Sostegni”), con la sola eccezione degli eredi che hanno attivato partita Iva “successivamente” a tale data per la prosecuzione dell’attività di soggetto deceduto;
  • ai soggetti la cui attività è cessata alla data del 23 marzo 2021;
  • agli enti pubblici, di cui all’art. 74 del Tuir;
  • agli intermediari finanziari e società di partecipazione, di cui all’art. 162-bis del Tuir ( trattasi dei soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l'attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziare e soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l'attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari).

Stando alle precedenti circolari dell’Agenzia delle Entrate il contributo non spetta, altresì, ai soggetti i cui redditi sono unicamente riconducibili allo status di «lavoratore dipendente». Tuttavia - secondo la circolare 15/E/2020 - le persone fisiche che esercitano attività d’impresa/lavoro autonomo (o siano titolari di reddito agrario) e contestualmente possiedono lo status di «lavoratore dipendente» possono comunque fruire del contributo a fondo perduto (fermo restando il rispetto degli ulteriori requisiti) in relazione alle predette attività ammesse al contributo.Ciò vale anche nel caso di “soci-lavoratori” dipendenti. Pertanto, ad esempio, nell’ipotesi in cui i soci di una società assumano anche il ruolo di dipendenti della medesima, quest’ultima avrà la facoltà di fruire del contributo a fondo perduto, sussistendone gli ulteriori requisiti. Tali considerazioni valgono anche nell’ipotesi di un soggetto persona fisica che esercita un’attività d’impresa o di lavoro autonomo (o sia titolare di reddito agrario) e che contestualmente abbia lo status di “pensionato”.

La fruizione del contributo si ritiene resti destinata al singolo contribuente, a prescindere dalla circostanza che eserciti contestualmente più di un’attività ammissibile alla fruizione del contributo (ferma restando la sussistenza degli ulteriori requisiti). Per tali soggetti, ai fini della determinazione della soglia dei ricavi e della riduzione del fatturato è necessario fare riferimento, rispettivamente, alla somma dei ricavi e compensi e dei fatturati di tutte le attività ammesse al contributo. 

Requisito del fatturato

Il primo requisito per accedere al contributo è quello relativo al “limite” di fatturato/compenso, ossia l’aver conseguito, nell’anno 2019 (per i soggetti con periodo d’imposta solare), un ammontare di ricavi o compensi non superiore a 10 milioni di euro. Per le società con periodo d’imposta “non solare”, occorre comunque fare riferimento al periodo d’imposta “precedente” a quello in corso al 23 marzo 2021.  

La soglia dei ricavi va determinata, per ciascuna tipologia di soggetto, tenendo conto delle proprie regole di determinazione. Così, al fine di evitare errori nel processo di determinazione dei ricavi/compensi relativi al 2019, i valori da tenere in considerazione sono quelli riportati nel modello della dichiarazione dei redditi 2020 (redditi 2019), secondo la tabella di seguito riportata:

Se il soggetto svolge “più attività”, il limite dei 10 milioni di euro per l’accesso al beneficio riguarda la somma dei ricavi/compensi riferiti a tutte le attività. Inoltre, per le persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali titolari di reddito agrario e attività agricole connesse (per esempio, agriturismi, allevamento, eccetera), in luogo dell’ammontare dei ricavi, occorre far riferimento all’ammontare del volume d’affari (campo VE50 del modello di dichiarazione IVA 2020). Qualora il dichiarante non sia tenuto alla presentazione della dichiarazione IVA, allora potrà essere considerato l’ammontare complessivo del fatturato del 2019. Nel caso il richiedente abbia altre attività commerciali o di lavoro autonomo, occorre considerare la sommatoria del volume d’affari di tutti gli intercalari della dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta 2019. Il contributo spetta anche all’erede che prosegue l’attività della persona fisica deceduta. Al riguardo, nel caso di prosecuzione avvenuta nel corso dell’anno 2019, l’erede dovrà determinare l’ammontare dei ricavi e compensi dell’anno 2019 con riferimento alle dichiarazioni dei redditi del deceduto e dell’erede.

Come si calcola il calo di fatturato

Per ottenere l’erogazione del contributo è necessaria la presenza di uno dei seguenti requisiti:

  • l’importo della media mensile del fatturato/corrispettivi relativa all’anno 2020 deve essere inferiore almeno del 30% rispetto alla media mensile del fatturato/corrispettivi relativi all’anno 2019;  
  • attivazione della partita Iva a partire dal 1° gennaio 2019; per detti soggetti, non si considera l’ammontare del fatturato/corrispettivi la cui data di effettuazione cade nel mese di attivazione della partita Iva. In pratica, va conteggiato il fatturato ed i corrispettivi con data di effettuazione operazione dal primo giorno del mese successivo all’attivazione della partita Iva. Ad esempio, un soggetto che ha attivato la partita Iva il 5 maggio 2019 dovrà conteggiare il fatturato e i corrispettivi con riferimento ai mesi da giugno a dicembre 2019.

Si fa presente che - come precisato nel  provvedimento 82454/2021 - per i soggetti che hanno attivato la partita Iva a partire dal 1° gennaio 2019, il contributo a fondo perduto spetta a prescindere dalla circostanza che essi abbiano registrato un calo del 30% della media mensile del fatturato del 2020 rispetto alla corrispondente media del 2019. Restano fermi il limite massimo di ricavi o compensi per l'ammissione al beneficio e gli importi minimi e massimi del contributo.

Per la determinazione dei due importi della “media mensile” relativa agli anni 2019 e 2020, occorre, in prima battuta, calcolare l’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi conseguito in ciascuno dei due anni. Il riferimento, in tal caso, è alla data di effettuazione delle operazioni di cessione dei beni e di prestazione dei servizi. Pertanto, per le fatture “immediate”, si dovrà considerare la data della fattura, mentre, per le fatture “differite”, occorrerà far riferimento alla data dei DDT (cessioni di beni) o dei documenti equipollenti (prestazioni di servizio). Dalle fatture emesse vanno sottratte le note di credito, mentre concorrono all’ammontare del fatturato le operazioni connesse alle cessioni di beni ammortizzabili. Le ulteriori indicazioni da rispettare in merito al calcolo dell’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019 e dell’anno 2020 sono le seguenti:

  • i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all'art.22 del DPR 633/72 devono considerare l'ammontare globale dei corrispettivi (al netto dell’Iva) delle operazioni effettuate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre, sia per quanto riguarda i corrispettivi trasmessi sia per quelli soggetti ad annotazione;
  • per i commercianti al dettaglio che applicano la “ventilazione” dei corrispettivi o il regime del margine oppure nel caso delle agenzie di viaggio, poiché può risultare difficoltoso il calcolo delle fatture e dei corrispettivi al netto dell’Iva, l’importo può essere riportato al “lordo” dell’Iva, ricordandosi di applicare la stessa regola sia con riferimento al 2019 che al 2020;
  • per i soggetti che svolgono operazioni non rilevanti ai fini IVA, come ad esempio le cessioni di tabacchi, giornali e riviste, all’ammontare delle operazioni fatturate e dei corrispettivi rilevanti ai fini IVA vanno sommati gli aggi relativi alle operazioni effettuate non rilevanti ai fini IVA.

In generale, gli importi del fatturato e corrispettivi degli anni 2019 e 2020 devono essere calcolati utilizzando un criterio “omogeneo”, applicato nel medesimo modo per entrambi gli anni.

Riguardo il concetto di “fatturato”, la norma non ci fornisce alcuna precisazione. Tuttavia, è possibile applicare i chiarimenti forniti nella circolare 15/E/2020. In tale documento di prassi è stato chiarito che, nel caso le operazioni siano certificate sia mediante fatture che con corrispettivi, il riscontro della percentuale di riduzione del fatturato o dei corrispettivi si compie in base alla “somma” dei due elementi. Nei casi in cui, invece, non sussiste l’obbligo di emissione della fattura o dei corrispettivi è possibile che il riferimento al fatturato/corrispettivi, ai fini dello scostamento, possa essere esteso ai concetti di “ricavi” e “compensi”.  

Nel caso dell’erede che ha proseguito l’attività di un contribuente deceduto con decorrenza successiva al 31 dicembre 2020, l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi degli anni 2019 e 2020 sarà determinato con riferimento ad “entrambe” le partite Iva del deceduto e dell’erede. Successivamente al calcolo degli importi complessivi del fatturato e dei corrispettivi degli anni 2019 e 2020, si procede con la determinazione delle medie mensili dei due anni. A tal fine, occorre dividere ciascuno dei due importi complessivi per il numero dei mesi in cui la partita Iva è stata attiva.

In caso di attivazione della partita Iva tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2020, ai fini del calcolo dei mesi di attività da considerare, il mese nel quale è stata attivata la partita Iva non deve essere considerato.

La misura del contributo

L’ammontare del contributo è determinato applicando una diversa percentuale alla “differenza” tra l’importo del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e l’analogo importo dell’anno 2019.

Le percentuali previste sono le seguenti:

  • 60%, se i ricavi/compensi dell’anno 2019 sono inferiori o pari a 100.000 euro;  
  • 50%, se i ricavi/compensi dell’anno 2019 superano i 100.000 euro ma non 400.000 di euro;
  • 40%, se i ricavi/compensi dell’anno 2019 superano i 400 mila euro ma non 1 milioni di euro;
  • 30%, se i ricavi/compensi dell’anno 2019 superano 1 milione euro ma non 5 milioni di euro;
  • 20%, se i ricavi/compensi dell’anno 2019 superano 5 milione euro ma non 10 milioni di euro;

Il contributo è, in ogni caso, riconosciuto per un importo non inferiore a 1.000 euro alle persone fisiche e a 2.000 euro ai soggetti diversi dalle persone fisiche, fermo restando che si tratti di soggetti che rientrano tra quelli inclusi nella disposizione in esame. L’importo massimo del contributo è pari a 150.000 euro. L’ammontare dei ricavi/compensi non deve essere ragguagliato ad anno.

Quindi, per i soggetti che hanno attivato la partita Iva fino al 31 dicembre 2018, se la differenza tra la media mensile del fatturato/corrispettivi dell’anno 2020 e la media mensile dell’anno 2019 è “negativa” (almeno del 30%), a tale importo (preso in valore assoluto) si applica la percentuale prevista in relazione alla fascia dei ricavi/compensi 2019, fermo restando il riconoscimento del contributo minimo se superiore.

Diversamente, per i soggetti che hanno attivato la partita Iva a partire dal 1° gennaio 2019, il calcolo del contributo va effettuato come segue:

  1. se la “differenza” tra la media mensile del fatturato/corrispettivi dell’anno 2020 e la media mensile dell’anno 2019 è “negativa” (cioè il dato del 2020 è inferiore al dato del 2019), a tale differenza (preso in valore assoluto) si applica la percentuale prevista a seconda dell’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati nel 2019, fermo restando il riconoscimento del contributo minimo qualora superiore.
  2. se la “differenza” tra la media mensile del fatturato/corrispettivi dell’anno 2020 e la media mensile dell’anno 2019 è pari a “zero” o positiva, spetta l’importo “minimo” del contributo (ossia, 1.000 euro per le persone fisiche, 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche).

Va ricordato che il contributo in esame è escluso da tassazione sia per quanto riguarda le imposte sui redditi che per l’Irap e non incide sul calcolo del rapporto per la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito, compresi gli interessi passivi di cui all’articolo 109, comma 5 del Tuir.

Le modalità di erogazione del contributo

Rispetto ai precedenti contributi a fondo perduto, il decreto “Sostegni” ha introdotto una nuova modalità di erogazione. Infatti, il richiedente potrà scegliere di farsi erogare il contributo spettante mediante:

accredito su c/c bancario o postale, intestato al beneficiario (o cointestato se beneficiario persona fisica);

• riconoscimento di un “credito d’imposta” di pari valore, utilizzabile in compensazione tramite F24.

La scelta della modalità di erogazione è “irrevocabile”, deve riguardare l’intero importo del contributo spettante e deve essere espressa dal beneficiario nell’istanza per la richiesta del contributo.

Nel caso di opzione per il riconoscimento del credito d’imposta, il relativo importo può essere utilizzato in compensazione a fronte delle imposte, dei contributi dovuti all’Inps e delle altre somme dovute allo Stato, agli enti locali e agli enti previdenziali, il cui versamento si effettua mediante la presentazione (esclusivamente tramite i servizi telematici delle Entrate) del modello F24.

Alle compensazioni del credito d’imposta “non” si applicano i seguenti limiti:

  • divieto di compensazione in presenza di ruoli erariali scaduti per un importo superiore a 1.500 euro;
  • ammontare annuo massimo delle compensazioni, di cui all’articolo 34 della legge n. 388/2000;
  • ammontare annuo massimo dei crediti d’imposta fruibili (articolo 1, comma 53, della L. 244/2007).

Il credito d’imposta riconosciuto “non” può essere ceduto ad altri soggetti.  

Si osserva, da ultimo, che la scelta della modalità di erogazione indicata nell’istanza può essere “modificata” dal soggetto richiedente solo fino al momento del riconoscimento del contributo; successivamente, il richiedente non può in alcun modo modificare tale scelta.

Modalità e termini di presentazione dell’istanza

I contribuenti interessati possono richiedere il contributo mediante la presentazione – esclusivamente in via telematica - di una apposita istanza, a partire dal 30 marzo 2021 e non oltre il 28 maggio 2021. L’istanza deve contenere, in primis, i dati del soggetto che richiede il contributo (e del suo rappresentante legale, nel caso di soggetto diverso da persona fisica ovvero nel caso di minore/interdetto). Nel caso di erede che prosegue l’attività di un soggetto deceduto, occorre indicare anche il codice fiscale di quest’ultimo.

Gli altri dati da riportare sono quelli necessari a determinare la spettanza e l’ammontare del contributo, cioè la fascia dei ricavi o compensi dell’anno 2019 e gli importi della media mensile del fatturato e dei corrispettivi degli anni 2019 e 2020. Questi importi dovranno essere obbligatoriamente inseriti anche dai soggetti che hanno iniziato l’attività dal 1° gennaio 2019; in assenza di compilazione, l’importo sarà considerato pari a zero. Il soggetto deve inoltre indicare nell’istanza se ha attivato la partita Iva successivamente al 31.12.2018.

Relativamente alle modalità di erogazione del contributo, il richiedente deve operare la scelta “barrando” alternativamente la casella relativa all’opzione di accredito sul conto corrente o la casella relativa all’opzione di riconoscimento del credito d’imposta da utilizzare in compensazione. Nel caso di opzione relativa all’accredito su conto corrente, il soggetto richiedente deve indicare l’Iban corrispondente al conto corrente bancario o postale sul quale l’Agenzia delle entrate erogherà il contributo.

L’Iban da indicare nell’istanza deve individuare un conto corrente intestato o cointestato al soggetto che richiede il contributo, identificato tramite il relativo codice fiscale. Attenzione a verificare la correttezza dell’Iban prima di inviare l’istanza nonché il codice fiscale a cui è intestato il conto corrente, in quanto errori su tale valore possono determinare lo scarto della richiesta e l’impossibilità di ottenere il contributo.

Per quanto riguarda, poi, le modalità di invio dell’istanza è possibile utilizzare:  

  • un apposito software di compilazione e l’usuale canale telematico Entratel/Fisconline; mediante questo canale sarà possibile inviare anche più istanze con un’unica trasmissione;
  • una specifica procedura web messa a disposizione all’interno del portale “Fatture e Corrispettivi”; con  tale procedura sarà possibile predisporre e trasmettere un’istanza alla volta.

Si rammenta che - per predisporre e trasmettere l’istanza - il richiedente può avvalersi anche di un “intermediario”, purché quest’ultimo sia stato preventivamente delegato all’utilizzo, per suo conto, del cassetto fiscale ovvero del servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche del portale “Fatture e Corrispettivi”. In assenza di dette deleghe, il soggetto richiedente può anche delegare l’intermediario specificatamente per la trasmissione dell’istanza per il contributo a fondo perduto. In questo caso, l’intermediario - oltre a indicare il suo codice fiscale - dovrà barrare la casella valida come dichiarazione sostitutiva, relativa all’avvenuto conferimento della specifica delega.

Una volta trasmessa l’istanza, il sistema informativo dell’Agenzia delle Entrate invia un messaggio in cui è contenuto il “protocollo telematico” assegnato al file dell’istanza trasmessa.  Al contempo, il sistema effettua una serie di controlli formali su alcuni dati presenti nell’istanza (per esempio, l’esistenza del codice fiscale del soggetto richiedente, della partita Iva attiva, la presenza di tutti i campi obbligatori ecc..).  

Se i controlli formali hanno esito “negativo”, viene rilasciata una “ricevuta di scarto”. Diversamente, se i controlli formali hanno esito “positivo”, viene rilasciata una ricevuta che attesta la “presa in carico” dell’istanza. Se, dopo aver inviato l’istanza, il contribuente si accorge di aver commesso qualche “errore”, può trasmettere una istanza sostitutiva. Tale possibilità è consentita solamente fino al momento del riconoscimento del contributo, il cui esito è esposto nell’area riservata del portale Fatture e Corrispettivi. Dopo tale momento, non è più possibile inviare un’istanza sostitutiva. Nel caso di istanza inviata da un intermediario delegato, dopo la messa a disposizione della ricevuta di presa in carico, l’Agenzia invia una comunicazione, mediante un messaggio di posta elettronica certificata, all’indirizzo del richiedente presente nella banca dati INI-PEC. In tal modo, quando un intermediario trasmette l’istanza o la rinuncia per conto del soggetto richiedente, quest’ultimo ne riceve notizia.

Successivamente alla “presa in carico”, il sistema effettua dei controlli più approfonditi (per esempio, il controllo di coerenza di alcuni dati, la verifica che il codice fiscale del soggetto richiedente sia effettivamente l’intestatario o cointestatario dell’Iban indicato, ecc.).

Al termine di tali controlli, il sistema conclude l’elaborazione e:

 • in caso di esito “negativo”, scarta l’istanza;

• in caso di incongruenza dei dati dell’istanza rispetto ai dati dichiarativi presenti nel sistema dell’Anagrafe Tributaria, “sospende” l’istanza per ulteriori controlli;

• in caso di esito “positivo”, emette il mandato di pagamento o riconosce il credito d’imposta.

L’esito finale di elaborazione è esposto tempestivamente al link “Consultazione esito” nella sezione del portale “Fatture e Corrispettivi”. Nel caso di scarto o sospensione, è indicata la motivazione. Nel caso di scarto dell’istanza, il soggetto richiedente può trasmettere una nuova istanza entro e non oltre il 28 maggio 2021.

Se l’istanza è scartata per invalidità dell’Iban indicato, il contribuente deve verificare l’esattezza dell’Iban indicato nell’istanza. Se l’Iban risulta comunque corretto, è necessario approfondire il motivo del mancato riscontro mediante contatto con il proprio istituto di credito. A tal proposito, si fa presente che i più frequenti motivi che possono portare a scarto per invalidità dell’Iban sono: Iban non più valido a seguito di fusione tra banche, conto corrente chiuso, conto corrente non intestato al soggetto richiedente.

Per quanto riguarda, invece, la “sospensione” dell’istanza, le cause possono derivare da verifiche effettuate sulle dichiarazioni dei redditi 2020 per il 2019 (es. assenza di dichiarazione, dichiarazione con ammontare di ricavi o compensi superiore a quello inserito nell’istanza ecc.) ovvero sulle comunicazioni di liquidazione periodica Iva ovvero sulle dichiarazioni Iva riferite agli anni 2019 e 2020 ovvero sui dati acquisiti dall’Agenzia delle entrate mediante i processi di fatturazione elettronica e dei corrispettivi telematici (es. ammontare medio mensile delle operazioni attive dichiarati inferiori a quelli riportati in istanza). A fronte di ogni motivazione di sospensione, il contribuente deve valutare se ha indicato dati errati nell’istanza o se invece ad essere errati sono gli adempimenti dichiarativi. Nel primo caso, potrà procedere ad inviare una nuova istanza con dati corretti entro il 28 maggio 2021 mentre, nel secondo caso, occorre regolarizzare la propria posizione fiscale prima di inviare nuovamente l’istanza entro il 28 maggio 2021.

Va, infine, evidenziato che ove il richiedente si accorge di aver presentato un’istanza per un contributo non spettante, può trasmettere in ogni momento - anche oltre il 28 maggio 2021 - un’istanza di “rinuncia” al contributo. In particolare, il soggetto che ha percepito il contributo in tutto o in parte non spettante, anche a seguito di presentazione di istanza di rinuncia, può regolarizzare l’indebita percezione, restituendo spontaneamente il contributo, i relativi interessi e versando la sanzione con applicazione delle riduzioni previste per il ravvedimento operoso (articolo 13 del DLgs.n.472/1997). Il versamento delle predette somme deve essere eseguito esclusivamente mediante il modello F24, senza possibilità di compensazione.

Poteri di controllo del Fisco

L’Agenzia delle Entrate procede al controllo dei dati dichiarati nelle istanze pervenute e recupera il contributo non spettante. Così, a prescindere dall’importo del contributo erogato, l’Amministrazione finanziaria effettua specifici controlli per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali: tali controlli sono disciplinati con un apposito protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministero dell'interno, il Ministero dell'economia e l'Agenzia delle entrate. Sempre sulla base di apposito protocollo, l’Agenzia delle entrate trasmette alla Guardia di Finanza, per le attività di polizia economico-finanziaria, i dati e le informazioni contenute nelle istanze pervenute e relative ai contributi erogati. Qualora dai controlli emerga che il contributo sia in tutto o in parte non spettante, l’Agenzia delle Entrate procede alle attività di recupero del contributo, irrogando la sanzione prevista dall’articolo 13, comma 5 del D.Lgs.n.471/1997 nella misura minima del 100% e massima del 200%.

Per tale sanzione è esclusa la possibilità di definizione agevolata. Si applica, inoltre, la pena prevista in materia di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, che prevede alternativamente:

• la reclusione da 6 mesi a 3 anni;

• nel caso di contributo erogato di importo inferiore a 4.000 euro, la sanzione amministrativa da 5.164 euro a 25.822 euro, con un massimo di tre volte il contributo indebitamente percepito.

In caso di avvenuta erogazione del contributo, si applica l'articolo 322-ter del Codice penale (confisca).

 

Quadro Normativo

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