Consulta: niente indennità di maternità per il papà professionista

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Con sentenza n. 285 del 28 luglio, la Corte costituzionale si è pronunciata sui giudizi di legittimità costituzionale sollevati dalla Corte d’appello di Firenze e dalla Corte d’appello di Venezia con riferimento all’articolo 70 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, nella parte in cui non prevede il diritto del padre libero professionista di percepire, in alternativa alla madre biologica, l’indennità di maternità. In particolare, per le Corti remittenti detta norma si porrebbe in contrasto con gli articoli 3 29, secondo comma, 30, primo comma, e 31 della Costituzione concretizzando una disparità di trattamento non giustificata dalle differenze, pur sussistenti, fra le diverse figure di lavoratori, e non consentendo ai professionisti di godere, alla pari degli altri lavoratori, di quella protezione che l’ordinamento assicura in occasione della genitorialità, anche adottiva. 

I giudici costituzionali, in particolare, hanno spiegato che, per legislazione e giurisprudenza, l’uguaglianza tra i genitori è riferita a istituti in cui l’interesse del minore riveste carattere assoluto o, comunque, preminente, e, quindi, “rispetto al quale le posizioni del padre e della madre risultano del tutto fungibili tanto da giustificare identiche discipline”. Così, il fine perseguito dal legislatore mediante l’istituto dell’astensione obbligatoria è quello di tutelare la salute della donna nel periodo immediatamente precedente e successivo al parto, tenendo conto anche delle esigenze relazionali e affettive del figlio in tale periodo. Sarebbe pertanto irragionevole – continua la Corte - non estendere al padre il diritto all’astensione obbligatoria e, conseguentemente, all’indennità di maternità ad essa collegata, nei casi in cui la tutela della madre non sia possibile a seguito di morte o di grave impedimento della stessa: in simili ipotesi gli interessi che l’istituto dell’astensione obbligatoria può tutelare sono solo quelli del minore ed è quindi rispetto a questi che esso deve rivolgersi in via esclusiva. Tali condizioni, tuttavia, - conclude la Corte - non ricorrono nel caso di specie.
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