Consulente ispira la frode? Legittimo il sequestro nei suoi confronti
Pubblicato il 19 gennaio 2018
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Il consulente fiscale è responsabile, a titolo di concorso, per il reato tributario commesso dal cliente. Questo quando lo stesso sia stato l’ispiratore della frode, e anche se solo il cliente abbia poi beneficiato dell’operazione fiscalmente illecita.
E’ questo uno degli interessanti principi enunciati dalla Corte di cassazione, Terza sezione penale, nella sentenza n. 1999 depositata il 18 gennaio 2018, pronunciata a conferma di un provvedimento cautelare di sequestro emesso a fronte dell'imputazione con cui si contestava all'indagato, un consulente fiscale, di avere ideato e commercializzato "modelli di evasione fiscale" attraverso cui erano stati commessi più reati di compensazione di crediti tributari inesistenti, per un totale di oltre 40mila euro.
Aggravante in caso di serialità della condotta
Nella medesima decisione, la Suprema corte ha anche spiegato che per dirsi configurata l’aggravante prevista dal 3° comma dell’articolo 13-bis del Decreto legislativo 74/2000 - nel caso, ossia, in cui il reato tributario sia commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta dal professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscal - è richiesta la “serialità” della condotta.
Detta particolare modalità della condotta – precisa la Corte - anche se non prevista espressamente nella norma richiamata, è desumibile dalla locuzione “…elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale..”, rappresentativa di una certa abitualità e ripetitività del contegno incriminato.
Ulteriori principi di diritto enunciati nella sentenza
Gli Ermellini, in detto contesto, hanno anche precisato come il reato di indebita compensazione possa dirsi integrato in caso di pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti di imposta a seguito del cosiddetto “accollo fiscale”, qualora commesso attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.
Ciò in quanto l’articolo 17 del Decreto legislativo n. 241/97 “non solo non prevede il caso dell’accollo, ma richiede che la compensazione avvenga unicamente tra i medesimi soggetti”.
Infine, è stato anche riconosciuto che il sequestro preventivo per equivalente, in vista della confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, può essere disposto, entro i limiti quantitativi del profitto, indifferentemente nei confronti di uno o più degli autori della condotta criminosa.
Il sequestro – viene spiegato – non è infatti collegato all'arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito.
Nel caso di specie, in definitiva, è stato ritenuto legittimo il sequestro disposto nei confronti del consulente fiscale che era stato l’ispiratore del meccanismo fraudolento attuativo del c.d. accollo fiscale, integrante, come detto, il reato di indebita compensazione.
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