Confisca non automatica per l’evasore fiscale
Pubblicato il 22 novembre 2017
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I reati di natura tributaria possono certamente fungere da presupposto di operatività della cosiddetta pericolosità generica, legittimante l’applicazione della confisca di prevenzione.
Tuttavia, il mero status di evasore fiscale, di per sé, non è sufficiente per affermare detta pericolosità, in quanto i requisiti di stretta interpretazione necessari per l’assoggettabilità a tale misura concernono i soggetti abitualmente dediti ai traffici delittuosi e che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività illecite, requisiti non automaticamente e necessariamente sovrapponibili all’evasore fiscale in sé e per sé considerato.
In questo contesto, va tenuta necessariamente in considerazione anche l’intervenuta o meno adesione dell’evasore a meccanismi di conciliazione con l’amministrazione finanziaria.
E’ quanto sostenuto dalla Corte di cassazione, Sesta sezione penale, nella sentenza n. 53003 depositata il 21 novembre 2017, con cui è stato annullato, con rinvio, il decreto della Corte d'appello che aveva confermato la confisca di diversi beni immobili nonché del capitale sociale di tre società, di rapporti bancari e di utilità varie riconducibili ad un notaio, accusato di diversi episodi di evasione fiscale.
Caso esaminato
Nei confronti del professionista, il PM aveva instaurato due procedimenti penali, il primo per violazione degli articoli 2 e 8 del Decreto legislativo n. 74/2000 ed il secondo degli articoli 2 e 11 dello stesso decreto. Parallelamente, il Pubblico ministero aveva chiesto al Tribunale l'applicazione, a suo carico, della misura di prevenzione della confisca, sul presupposto della pericolosità sociale generica, in quanto soggetto abitualmente dedito a traffici delittuosi.
Nel primo procedimento, il notaio era stato prosciolto perché i fatti non erano più previsti dalla legge come reato. Il secondo processo, riferito ad annualità temporalmente successive, era invece ancora in corso.
Per l'evasione contestatagli in relazione alle distinte annualità d'imposta, il ricorrente aveva comunque aderito a un concordato fiscale con l'Agenzia delle Entrate.
La Cassazione, alla luce dei principi sopra richiamati, ha ritenuto che la Corte d’appello avesse operato un’applicazione distorta ed erronea del concetto di pericolosità generica dell’evasore.
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