Condanna per omessa Iva: revocabile per importi sotto la nuova soglia
Pubblicato il 08 maggio 2018
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Il giudice dell’esecuzione può revocare le sentenze di condanna per omesso versamento dell’Iva, emesse prima della riforma del 2015, nel caso di reati contestati per importi non superiori alla nuova soglia di punibilità.
La Terza sezione penale di Cassazione ha annullato la decisione con cui il Tribunale aveva rigettato un’istanza di revoca, per abolizione del reato, di due sentenze di condanna per omesso versamento di Iva, per importi non superiori a quello della nuova soglia di punibilità prevista a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 158/2015.
Contro questa ordinanza, la difesa dell’imputato aveva promosso ricorso in sede di legittimità, lamentando un’erronea interpretazione dell’articolo 673 del Codice di procedura penale e dell’articolo 2, secondo e quarto comma, del Codice penale.
Nel ricorso veniva sottolineato come la modifica legislativa intervenuta nel 2015 – che aveva elevato a 250mila euro la soglia oltre la quale l’omesso versamento dell’imposta assume rilievo penale – avrebbe reso non punibili le condotte dell’imputato oggetto delle due sentenze.
Per contro, il Tribunale, considerando l’intervenuta irrevocabilità delle condanne, aveva rigettato la richiesta, ritenendo applicabile l’articolo 2, quarto comma del Codice penale.
Abolitio criminis a seguito delle modifiche
Il Collegio di legittimità, con la sentenza n. 19699 del 7 maggio 2018, ha ritenuto fondate le doglianze sollevate dall’imputato, affermando l’erroneità del rigetto operato dal giudice dell’esecuzione, basato sulla convinzione che le modifiche introdotte non avrebbero comportato alcuna abolitio criminis.
Gli Ermellini hanno, quindi, ribadito che nei casi in cui l’abolitio criminis venga dedotta in sede esecutiva, al giudice spetti la valutazione in astratto della fattispecie rispetto al nuovo assetto del sistema penale e ciò anche se, come nel caso in esame, la norma incriminatrice non sia stata interamente abrogata, bensì riscritta con una riduzione del relativo ambito di operatività.
Nella vicenda esaminata, l’ordinanza andava quindi annullata, senza rinvio, posto che lo stesso giudice aveva riconosciuto la circostanza che i versamenti omessi dall’imputato non superavano la soglia di punibilità introdotta con la modifica del 2015. I fatti contestati, in definitiva, non erano più previsti dalla legge come reati.
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