Concordato preventivo con continuità in caso di azienda affittata

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Concordato preventivo con continuità in caso di azienda affittata

Il concordato preventivo può dirsi con continuità aziendale anche quando l’azienda è stata affittata o è destinata ad esserlo?

E’ questo il problema esaminato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 29742 del 19 novembre 2018, una questione a cui la dottrina e la giurisprudenza avevano finora risposto con opinioni molto diverse.

I giudici della Prima sezione civile, in particolare, si sono pronunciati con riferimento alla decisione con cui la Corte d’appello aveva negato che un concordato preventivo sottoposto al suo esame potesse ritenersi con continuità aziendale.

La continuità aziendale, nella specie, era stata esclusa per il fatto che il debitore, una Srl, aveva affittato l’azienda prima del deposito della domanda di concordato medesima. Il concordato con continuità aziendale – avevano evidenziato i giudici di secondo grado – avrebbe potuto ravvisarsi solo ove si fosse prevista la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore.

La curatela del fallimento aveva promosso ricorso contro detta statuizione, deducendo che, alla luce dell’articolo 186-bis della Legge fallimentare, fosse decisivo, per ritenersi integrabile un’ipotesi di concordato con continuità aziendale, soltanto che l’azienda fosse in esercizio e ne fosse proposta la vendita come tale.

Cassazione: continuità aziendale configurabile anche con azienda affittata

Sul tema è quindi intervenuta la Suprema corte la quale, muovendo dalle finalità dell’articolo 186-bis citato, ha chiarito gli esatti confini della fattispecie del concordato con prosecuzione dell'attività d'impresa.

In particolare, dopo un’articolata disamina sull’istituto, ha affermato che il concordato con continuità aziendale è configurabile anche quando l’azienda sia già affittata o sia destinata ad esserlo.

E’ del tutto indifferente – si legge nella decisione - la circostanza che, al momento dell'ammissione alla procedura concorsuale o del deposito della relativa domanda, l'azienda sia esercitata dal debitore o, come nell'ipotesi dell'affitto, da un terzo.

Difatti – ha spiegato la Corte – “il contratto d'affitto recante o meno l'obbligo dell'affittuario di procedere poi all'acquisto dell'azienda può costituire uno strumento per giungere alla cessione e al conferimento dell'azienda senza il rischio della perdita dei suoi valori, primo tra tutti l'avviamento, che un suo arresto, anche momentaneo, rischierebbe di produrre in modo irreversibile”.

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