Comunione legale anche per le coppie di fatto
Pubblicato il 12 aprile 2018
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Anche le coppie non coniugate o non unite civilmente possono accedere al regime della comunione legale dei beni.
Questo grazie alle nuove previsioni contenute nella Legge “Cirinnà” n. 76/2016, che rendono la comunione legale possibile anche per le coppie “di fatto” che, sulla base dei requisiti legali previsti, abbiano:
- registrato la loro convivenza, assoggettandola alla legge speciale;
- stipulato un contratto di convivenza ai sensi della legge citata;
- optato espressamente, in quest’ultimo, per la comunione dei beni;
- realizzato la pubblicità dichiarativa prevista dalla legge.
Nuovo studio del Notariato
La comunione legale, il contratto di convivenza e il regime della circolazione dei beni dopo la Legge “Cirinnà” costituiscono il tema di un recente e corposo lavoro del Notariato, approvato dalla Commissione studi civilistici il 24 gennaio 2018 e pubblicato sul sito del Consiglio il 10 aprile 2018.
Nello studio n. 196-2017/C, viene fatto presente come, nella Legge citata, i requisiti necessari per registrare una convivenza siano molto più restrittivi di quelli necessari per contrarre un matrimonio/unione civile. La legge, ossia, “è molto selettiva” escludendo un numero amplissimo di persone (chi sia minorenne, chi sia privo la libertà di stato, chi abbia con il partner rapporti in qualsiasi grado di parentela, affinità, ecc.)”. La stessa richiede che le coppie di fatto coabitino e che sia stata effettuata la registrazione nell’anagrafe.
Vi sarebbero, quindi due regimi diversi per le convivenze di fatto, convivenze “Cirinnà” e convivenze “non Cirinnà” dove la nuova legge si porrebbe, in rapporto al diritto previgente, in posizione di species rispetto al genus, stabilendo un nuovo tipo di convivenza, con regole specifiche, ma non cancellando il diritto generale delle convivenze, nei cui confronti – viene evidenziato - rimarrebbe ferma la preesistente tutela che la giurisprudenza e la pratica hanno individuato per i semplici conviventi “more uxorio”.
L’elaborato sottolinea, poi, come, secondo alcune letture, l’elemento di specialità si fermerebbe ai requisiti sostanziali di cui al comma 36, articolo 1 della Legge n. 76/2016, mentre per altre interpretazioni, abbraccerebbe anche la dichiarazione anagrafica sulla convivenza ex comma 37; comunque – si precisa - essa è un elemento necessario ai fini della pubblicità del contratto di convivenza di diritto speciale.
Ciò che rimarrebbe, comunque, da chiarire è se la mancata registrazione precluda del tutto l’applicazione della disciplina della nuova legge.
A seguire, viene sottolineato come la comunione eleggibile dai conviventi sia, ad ogni modo, solo quella legale e non si possa adottare il regime di una comunione di tipo “convenzionale”.
Pubblicità della convivenza speciale
Sul fronte pubblicitario, lo studio ritiene che, presso l’anagrafe, la pubblicità si realizzi attraverso il certificato di stato di famiglia, ove andrebbe indicata l’eventuale registrazione della convivenza "Cirinnà", l’eventuale contratto di convivenza e l’eventuale adozione del regime di comunione legale.
Tuttavia, viene sottolineato come la prassi degli uffici ometta questa terza indicazione, limitandosi alle prime due.
Allora, la pubblicità potrebbe realizzarsi attraverso un certificato relativo alle "risultanze della scheda anagrafica"; ma probabilmente – chiosano i notai – “anche tale certificato sarebbe rilasciato senza indicazioni sulla scelta o meno della comunione dei beni”.
Da qui l’auspicio che la Pubblica amministrazione riveda la propria posizione, posto che, diversamente, la conoscibilità degli atti non verrebbe garantita.
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