Compenso avvocati: no a liquidazioni sotto i minimi
Pubblicato il 05 settembre 2018
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Il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, ha accolto con soddisfazione la notizia della pubblicazione dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 21487/2018 (del 31 agosto 2018) con cui è stato espressamente sancito il blocco della liquidazione dei compensi sotto i minimi legali.
Lo si apprende da un comunicato pubblicato il 4 settembre 2018, sul sito internet del CNF.
Decisioni esplicative della normativa vigente
Secondo Mascherin, la decisione in oggetto determinerebbe un riequilibrio del sistema, consolidando l’orientamento giurisprudenziale che sancisce l’illegittimità dei compensi posti in violazione del decoro professionale, fissando il divieto, per il giudice, di liquidare sotto i “minimi” il compenso professionale dell’avvocato (Corte di Giustizia Europea dell’8 dicembre 2016; Cassazione n. 25804/2015 e n. 24492/2016; Tar Sicilia n. 3057/2016, 334/2017 e Tar Lombardia n. 902/2017).
Sarebbero superate, ciò posto, le interpretazioni “distorte e strumentali” nonché “di comodo” fondate sulla perdurante operatività dell’articolo 1, ultimo comma, del Decreto ministeriale n. 140/2012.
Per il rappresentante del CNF, inoltre, le decisioni richiamate non sarebbero “additive”, bensì “ricognitive ed esplicative” delle norme vigenti; questo in quanto “riconoscono il valore della qualità dell’opera e dell’affidabilità del professionista, presupponendo che il criterio dell’economicità della prestazione sia sì rilevante, ma non tale da tradursi esclusivamente nella limitazione della spesa”.
Sviluppo normativo e interpretativo a favore di un equo compenso
Così, i nuovi parametri forensi, da coordinare con la normativa in tema di equo compenso che espressamente li richiama, “interpretano correttamente ed esplicitano ulteriormente quanto era già contenuto nella normativa precedente, inibendo definitivamente interpretazioni di comodo”.
Il Presidente Mascherin afferma, quindi, di ravvisare un coerente sviluppo normativo ed interpretativo a conferma della correttezza della posizione del CNF e della validità dei principi invocati nel richiedere la normativa sull’equo compenso.
E ciò – a suo dire - con la ulteriore conseguenza “che non possono farsi distinzioni, in ordine all’equità del compenso, tra liquidazioni giudiziali e determinazioni negoziali - proprio in virtù del combinato disposto tra la normativa primaria sull’equo compenso e quella secondaria a carattere regolamentare (i parametri) che dalla prima è richiamata - onde quello dell’equità del compenso viene definitivamente riconosciuto come principio fondamentale dell’ordinamento in tema di quantificazione della retribuzione professionale”.
- eDotto.com – Punto & Lex 3 settembre 2018 - Spese del giudizio: non sotto il minimo legale - Pergolari
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