Spese del giudizio: non sotto il minimo legale
Pubblicato il 03 settembre 2018
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In due recenti ordinanze (n. 21486 e n. 21487 depositate il 31 agosto 2018), la Corte di cassazione, Seconda sezione civile, si è pronunciata in tema di spese del giudizio, precisando che il giudice deve effettuare la relativa liquidazione tenendo conto dei parametri di cui al Dm n. 55/2014, decreto, quest’ultimo, che prevale sul Dm 140/2012 non per ragioni di mera successione temporale bensì nel rispetto del principio di specialità.
Non è, infatti, il Dm n. 140/2012 – rivolto a regolare, in via generale, la materia dei compensi tra professionista e cliente – a prevalere, bensì il Dm n. 55 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247), il quale “detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa”.
Per liquidazione delle spese di causa prevale il Dm 55/2014
In entrambe le cause, la Suprema corte ha accolto i rilievi sollevati per lamentare una violazione o un’erronea applicazione, asseritamente posta in essere dalla Corte d’appello, degli articoli 91, Codice di procedura civile e 2233 Codice civile, nonché del Dm 55/2014, per avere liquidato il rimborso delle spese dei due giudizi al disotto del minimo legale, relativamente alla fase di rinvio.
Tutte e due le vicende esaminate dai giudici di Piazza Cavour, in particolare, avevano visto la Corte di gravame, decidendo in sede di rinvio, condannare il ministero della Giustizia a pagare in favore dei vari istanti una somma a titolo di equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo di equa riparazione, nonché le spese processuali nei termini anzidetti.
Nelle proprie decisioni, la Corte di legittimità ha spiegato di non condividere l’opinione secondo cui il Decreto del ministero della Giustizia n. 55/2014, nella parte in cui determina un limite minimo ai compensi previsti nella tabella, non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140/2012, emesso dallo stesso ministero.
Quest’ultimo – viene ricordato – stabilisce, in via generale, i compensi di tutte le professioni vigilate dal ministero della Giustizia, disponendo, al suo articolo 1, comma 7, che: “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”.
I ricorsi, in definitiva, sono stati accolti in considerazione del fatto che la liquidazione effettuata dalla Corte territoriale, per la fase di rinvio, si era posta al di sotto dei limiti imposti dal Dm n. 55 citato, e ciò tenuto conto del valore della causa e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare.
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