Comandante Schettino condannato in Cassazione. Depositate le motivazioni
Pubblicato il 20 luglio 2017
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Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 12 maggio 2017, la Suprema Corte di Cassazione, quarta sezione penale - ponendo fine alla nota vicenda giudiziaria originata dal naufragio della Costa Concordia – ha confermato la condanna del Comandante Francesco Schettino a sedici anni di reclusione, per aver violato numerose norme di diligenza, prudenza e perizia oggettivamente da esso esigibili. Sommaria ed inadeguata - si legge nel testo dell'articolata sentenza - la predisposizione della rotta ed eccessiva la velocità della nave; il tutto al fine di effettuare una manovra “spericolata” (il saluto al Giglio) da cui sarebbe derivata la condizione di ingovernabilità della nave e la susseguente tardività dei tentativi di correggerne la rotta per evitarne gli impatti con i fondali rocciosi. E non priva di omissioni anche la condotta successiva al sinistro, per cui Comandante non avrebbe mandato alcun segnale della falla a bordo, lasciandone all'oscuro l’equipaggio, saltando infine sulla scialuppa quando sulla nave vi erano ancora numerose persone in difficoltà (dunque, violando l’ulteriore obbligo di restare sino all'ultimo a coordinare le operazioni di abbandono).
Niente attenuanti
Al Comandante Schettino non sono state concesse le attenuanti richieste, stante, in primis, l’elevato numero di vittime e di persone lese. Né possono essere trascurati, a tal fine, gli ingentissimi danni patrimoniali procurati all'ambiente, in un tratto di mare considerato di eccezionalissimo pregio.
Esclusa l’aggravante della colpa cosciente per gli omicidi
La quarta sezione penale, tuttavia, ha escluso l’aggravante della colpa cosciente per quanto riguarda l’imputazione di omicidio. Il Comandante, difatti, pur avendo violato innumerevoli regole professionali di prudenza e perizia e pur nella consapevolezza di assumersi il rischio di una manovra azzardata, era senz'altro convinto di poter evitare lo schianto e, soprattutto, di poter evitare le ingenti perdite tra l’equipaggio ed i passeggeri. Se di colpa cosciente non può dunque parlarsi quanto all'evento morte, lo stesso certamente non vale - conclude la Suprema Corte con snetenza n. 35588 del 19 luglio 2017 - per quanto invece concerne il naufragio.
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