Coltivare due piante di canapa non è reato
Pubblicato il 10 febbraio 2016
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Coltivare nella propria abitazione due piante di canapa indiana per uso personale non è penalmente perseguibile per inoffensività della condotta.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, accogliendo il ricorso di due ragazzi, condannati ex art. 73 D.p.r. 309/1990 (con attenuante di cui al comma 5) per aver coltivato in casa propria due piante di canapa indiana ed aver tenuto in essiccatore 20 foglie della medesima pianta.
Condotta punibile se offensiva in concreto
La Cassazione, in proposito, assolve gli imputati invocando la necessità che sussista, nella condotta esaminata, la c.d. “offensività in concreto”; ossia, pur realizzata l’azione tipica, deve escludersi la punibilità di quelle condotte che siano in concreto inoffensive.
Ed anche nell'ipotesi in questione – puntualizza la Corte con sentenza n. 5254 depositata il 9 febbraio 2016 – va ribadito che ricorre assenza di offensività per quelle condotte che dimostrino una tale levità da determinare un aumento sostanzialmente irrilevante di disponibilità di droga, senza che sia prospettatile alcuna ulteriore diffusione della sostanza.
In altre parole, a fronte della realizzazione della condotta tipica, ovvero la coltivazione di una pianta botanica che abbia, se matura, pur raggiunto la soglia di capacità drogante minima, il giudice potrà e dovrà valutare se la condotta stessa sia del tutto inidonea a realizzare l'offensività in concreto.
L’ambito di tale riconoscibile inoffensività è, ragionevolmente, il conclamato uso esclusivo personale e la minima entità della coltivazione, tale da escludere la possibile diffusione della sostanza o l’ampliamento della coltivazione.
E nel caso di specie – ha concluso la Corte – l’aver i ricorrenti coltivato due piantine essendo dimostrato che ciò esauriva la loro disponibilità e senza alcuna prospettiva di utile distribuzione in favore di terzi consumatori, non è in concreto una condotta offensiva per le anzidette ragioni.
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