Collaboratore avvocato copia files da studio E’ reato
Pubblicato il 14 marzo 2017
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Accesso abusivo a sistema informatico
Risponde per reato di accesso abusivo a sistema informatico, l’avvocato collaboratore di uno studio legale, incaricato di gestire un determinato pacchetto di affari, che si introduce nel server di studio e copia una notevole mole di files, anche estranei alla sua materia di competenza, onde poi riutilizzarli e condividerli con i colleghi nella sua nuova attività professionale.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ritenendo nella specie integrato – a conferma della statuizione di merito impugnata dall'imputato – il delitto di cui all'art. 615 ter c.p. sulla base dei seguenti elementi: a) la qualifica dell’imputato medesimo, mero collaboratore, incaricato di gestire solo un determinato pacchetto di clienti; b) il notevolissimo numero di files copiati e trasferiti su altri supporti magnetici, aventi tra l’altro ad oggetto contratti, rapporti ed atti del tutto estranei alla specifica “competenza per materia” affidata all'imputato; c) la specifica tecnica di copiatura, realizzata attraverso un sofisticato sistema a “matrioska”, in modo che i files copiati venissero occultati in sottocartelle, per nasconderne la provenienza.
Si è oltretutto evidenziato come l’imputato abbia posto in essere le attività di accesso, successiva permanenza e copiatura di files all'interno dell’archivio informatico dello studio - ontologicamente incompatibili con le sue circoscritte mansioni di collaboratore e non di partner – in violazione del dissenso tacito dei titolari di studio che, a tal fine, gli avevano immediatamente vietato l’accesso al server, consentendogli di acquisire i documenti necessari solo per il tramite della segreteria.
Trattamento illecito dati personali
Ricorre altresì, nel caso di specie – prosegue la Corte con sentenza n. 11994 del 13 marzo 2017 –il delitto di trattamento illecito di dati personali di cui all'art. 167 D.Lgs. n. 196/2003, stante i numerosi “dati personali” contenuti nei files copiati, riguardanti i singoli clienti affidatisi allo studio per la cura dei propri interessi (che ovviamente non avevano prestato il loro consenso al suddetto trattamento). Quanto al dolo specifico richiesto da tale fattispecie, lo stesso è rinvenibile dalla stessa condotta del reo, laddove i dati in questione erano evidentemente destinati al riutilizzo in altra sua attività professionale (come si evince dal loro rinvenimento nei supporti informatici del nuovo studio).
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