Co.co.pro: inammissibile la proroga dopo il 25 giugno 2015

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Co.co.pro: inammissibile la proroga dopo il 25 giugno 2015

A decorrere dal 25/06/2015 sono state abrogate le disposizioni comprese tra l’art. 61 e l’art. 69 bis del D.lgs. n. 276/03, pertanto non è più possibile stipulare contratti di collaborazione a progetto.

Il disposto di cui all’art. 52, comma 2 del D.lgs. n. 81/15, consente invece di concludere contratti di collaborazione coordinati e continuativi ex art. 409 c.p.c., sempre che le prestazioni oggetto di tali contratti non richiedano ai collaboratori di effettuare lavori esclusivamente personali, continuativi e con modalità di esecuzione organizzate dai committenti anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro. In assenza di tali presupposti, le collaborazioni, ai sensi dell’art. 2 comma 1 del D.lgs. n. 81/15, si convertono in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

La presunzione di subordinazione non trova applicazione per le quattro ipotesi tassativamente indicate dallo stesso art. 2 del D.lgs. n. 81 cit., così come meglio argomentato nel contributo “Contratti di collaborazione alla luce del Jobs Act”, edito, il 30/07/2015, dalla presente rivista telematica.

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con circolare n. 13 del 25 giugno 2015, ritiene che per i contratti a progetto già in essere alla data del 25/06/2015 “[…] è consentita la proroga, se funzionale alla realizzazione del progetto, tale da estendere il contratto anche oltre l’entrata in vigore del decreto”.

Si tratta di un’interpretazione non condivisibile perché sembra contraria alla lettera della norma e alla natura della proroga.

Sul piano letterale, l’art. 52 del D.lgs. n. 81 cit. prevede che “le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003 sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Vale osservare che l’abrogazione prevista dall’art. 15 delle Disposizioni sulla legge in generale, premesse al Codice civile, comporta la cessazione degli effetti di una disposizione. Quest’ultima, pertanto, una volta abrogata è inidonea a regolamentare tutti i rapporti sorti successivamente alla data di entrata in vigore della legge abrogante.

Semmai, la disposizione abrogata conserva il proprio portato applicativo nei confronti di tutti i rapporti sorti durante il periodo della sua vigenza. Tali postulati vengono espressi con il brocardo tempus regit actum (il tempo regola l’azione), che significa appunto che ogni atto o rapporto dev’essere disciplinato secondo la legge vigente al momento del suo compimento.

Il momento in cui opererà la cancellazione, secondo l’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, premesse al Codice civile, è immediato e per il futuro. Tale principio, tuttavia, non ha rango costituzionale bensì legislativo: solo per le leggi penali il principio di irretroattività è sancito espressamente dall’art. 25 della Costituzione. Con la conseguenza che in materia civile la legge abrogante, sempre che venga rispettato un principio generale di ragionevolezza, può disporre diversamente e cioè fare retroagire gli effetti della cancellazione (retroattività).

La legge abrogante può anche dettare una disciplina transitoria e quindi differire (ultrattività) in avanti gli effetti della cancellazione, in modo da evitare una cesura netta tra passato e futuro e garantire così che la disposizione abrogata continui a regolamentare i rapporti sorti sotto di essa fino ad una certa data ovvero fino al loro naturale esaurimento.

Tale effetto ultrattivo si rinviene proprio nell’art. 52 del D.lgs. n. 81 cit., che per un verso ha tolto validità alle disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis del D.lgs n. 276 cit. e per altro verso ha conservato l’efficacia degli enunciati abrogati “esclusivamente” per consentire a costoro di regolamentare i contratti già in essere al 25/06/2015. Dal tenore dell’art. 2, comma 1, del D.lgs. n. 81 cit., poi, si deduce che l’ultrattività verrà comunque meno alla data del 1° gennaio 2016: a decorrere da tale momento, tutti i rapporti sorti sotto la vigenza degli enunciati abrogati, saranno disciplinati dalla legge abrogante.

L’ultrattività conferita alle disposizioni abrogate, tuttavia, non implica anche che queste ultime possano estendere la propria valenza applicativa al di là di atti o rapporti sorti sotto di essa, come peraltro si deduce dall’aggettivo “esclusivamente”, contenuto nell’art. 52 comma 1 del d.lgs. n. 81 cit. e riferito, per l’appunto, “ai contratti già in atto” alla data del 25/06/2015. Il lessico normativo, pertanto, circoscrive la validità delle disposizione abrogate alla sola regolamentazione dei contratti rispetto ai quali la volontà delle parti si sia formata in epoca antecedente alla data di entrata in vigore delle legge abrogante. Ciò significa, in altre parole, che gli atti e i rapporti, pur con valenza autonoma e quantunque funzionalmente collegati ai contratti in vigore al 25/06/2015, non possono essere disciplinati dalle prescrizioni normative contenute negli artt. 61 e 69 bis del D.lgs. n. 276 cit..

Orbene,nell’ambito lavoristico la proroga del rapporto di lavoro può definirsi l’atto negoziale mediante il quale datore di lavoro e lavoratore decidono consensualmente di modificare il termine di durata di un precedente contratto di lavoro. La proroga, pertanto, presuppone che le parti siano vincolate da un rapporto di lavoro in corso di esecuzione e in prossimità di scadenza, la quale viene per l’appunto procrastinata tramite la conclusione di un accordo di proroga.

In tale senso, quindi, l’istituto sottende una manifestazione di volontà delle parti resa antecedentemente alla conclusione del contratto da prorogare e avente chiara natura novativa, poiché incide sulla situazione giuridica preesistente modificando la durata del rapporto di lavoro in atto. Sotto il profilo degli adempimenti amministrativi, il datore di lavoro è tenuto a comunicare, mediante UNILAV, l’avvenuta conclusione dell’accordo di proroga. Si tratta, pertanto, di un accordo che accede al contratto originario, ma che è dotato di propria autonomia e che quindi deve essere siglato in rispetto della legge vigente all’atto di conclusione del patto modificativo. E la legge vigente non può essere individuata negli artt. 61 e ss. del D.lgs. n. 276 cit. perché abrogati, ma nell’art. 2 del D.lgs. n. 81 cit., che non contempla la possibilità di concludere contratti a progetto.

Alla luce di tali argomentazioni, si ritiene che un contratto di collaborazione a progetto vigente alla data del 25/06/2015 e che abbia un termine di scadenza fissato anteriormente al 01/01/2016 può essere portato alla sua conclusione naturale, senza tuttavia che residui la facoltà per le parti di procrastinare il suddetto termine nei limiti di validità temporali delle disposizioni abrogate. Diversamente la proroga deve reputarsi nulla e il rapporto di lavoro dovrà essere riqualificato sulla base delle effettive modalità di svolgimento della prestazione lavorativa resa dal dipendente.

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