Chiusura anticipata del fallimento: modalità operative dal CNDCEC

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Chiusura anticipata del fallimento: modalità operative dal CNDCEC

Normativa

CNDCEC, Documento La chiusura del fallimento (Nota Informativa n. 30/2017)

D.L. n. 83 del 27 giugno 2015

R.D. n. 267 del 16 marzo 1942

Rivisitazione della disciplina

Il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, con il documento “La chiusura del fallimento dopo la riscrittura dell’art. 118 L. Fall. Riflessioni e suggerimenti operativi’’ si è occupato della chiusura dei fallimenti anche in presenza di giudizi pendenti, nei casi in cui è compiuta la ripartizione dell’attivo e quando la continuazione della procedura non consente di soddisfare neppure in parte i creditori, alla luce della modifica dell’art. 118 L.F. in tema di ragionevole durata del processo.

La chiusura del fallimento non è impedita dalla pendenza di giudizi; il curatore in questo caso, può mantenere la legittimazione processuale anche nei successivi stati e gradi del giudizio, fino alla definitiva conclusione della lite.

Cancellazione ed estinzione della società

Il CNDCEC evidenzia che, in presenza di chiusura del fallimento di società per ripartizione dell’attivo, il curatore (in virtù di quanto precisato dall’art. 118, secondo comma), è tenuto a chiedere la cancellazione della stessa dal Registro delle imprese.

 

In virtù delle modifiche introdotte dal Legislatore alla cancellazione dal registro, consegue l’estinzione della società.

 

Osserva

Le disposizioni evidenziano che la chiusura del fallimento con giudizi pendenti rappresenta un’ipotesi di chiusura per ripartizione finale dell’attivo, senza deroghe o eccezioni, con il conseguente riespandersi dei diritti dei creditori (e dei soci).

 

 

Successione nelle posizioni passive

Il documento dei Commercialisti evidenzia, nel richiamare l’art. 2495 cod.civ., che i soci rispondono delle obbligazioni sociali in funzione del tipo di società e nei limiti di quanto percepito dalla liquidazione.

Come spesso accade nelle procedure concorsuali, nelle ipotesi di mancata percezione di un residuo attivo da parte dei soci, il socio si trova nella stessa situazione in cui si potrebbe trovare un erede:

  • in caso di riconoscimento del credito azionato, la condanna opererebbe nei riguardi degli ex soci ma questi ultimi, non avendo percepito nulla, non potranno incorrere in ipotesi di responsabilità di tipo patrimoniale, mancandone il presupposto fondamentale.

Presenza di giudizi pendenti

Il CNDCEC passa in rassegna la possibilità di arrivare alla chiusura di un fallimento in pendenza di giudizio, una delle maggiori novità introdotte dal Legislatore alla L.F. (art. 118, secondo comma).

Il documento in commento richiama anche il successivo art. 120 L.F., che - nell’ipotesi di chiusura in pendenza di giudizi - stabilisce che ‘‘... il giudice delegato e il curatore restano in carica ai soli fini di quando ivi previsto... ’’.

Lo stesso art. 120 L.F., precisa che: ‘‘In nessun caso i creditori possono agire su quanto è oggetto dei giudizi medesimi’’.

Se la procedura fosse ancora aperta, non sarebbe necessaria tale precisazione, stanti le regole concorsuali.

Inoltre, anche in presenza di sopravvenienze attive, non si origina la riapertura del fallimento di cui all’art. 121 L.F., risultando conseguentemente la chiusura ‘‘definitiva’’.

Estinzione della società cancellata

L’art. 10 L.F. prevede la possibilità di chiedere (e dichiarare) il fallimento di una società, benché cancellata dal Registro delle imprese, a condizione che l’istanza pervenga entro un anno dalla cancellazione.

Le Sezione Unite della Cassazione (Sentenze nn. 6070, 6071, 6072 del 2013) hanno precisato che la società non perde la capacità di stare in giudizio nel procedimento per la dichiarazione di fallimento e che ‘‘la possibilità espressamente contemplata dalla legge fallimentare, art. 10, che una società sia dichiarata fallita entro l’anno dalla sua cancellazione dal registro, comporta necessariamente che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento quanto le eventuali fasi di impugnazione continuino a svolgersi nei confronti della società, ad onta della sua cancellazione dal registro.".

Il documento prevede che a favore della cancellazione della società dal Registro delle imprese sta il fatto che la normativa non deroga espressamente alla previsione che obbliga la cancellazione.

Il curatore è, quindi, obbligato ad operare in tal senso.

Tale conclusione, secondo il documento dei Commercialisti, pare altresì in linea con la precisazione in base alla quale la procedura è chiusa e il fallimento non viene riaperto neppure in presenza di sopravvenienze attive.

Aspetti fiscali

Vengono esaminati anche i profili fiscali della chiusura del fallimento con giudizio pendente in una disciplina che presenta difficoltà applicative tra le disposizioni fallimentari e quelle tributarie.

 

Imposte dirette

La cancellazione dal Registro delle imprese comporta la chiusura del codice fiscale e conseguenze diverse in tema di versamento delle imposte dirette fra persone fisiche e

persone giuridiche.

In ogni caso, il curatore deve predisporre, alla chiusura della procedura, la dichiarazione dei redditi relativa al tutto il periodo (T.U.I.R., art. 183, comma 2).

 

Il documento del CNDCEC evidenzia come, da un punto di vista sostanziale, la chiusura del fallimento con giudizi pendenti potrebbe originare quanto di seguito esposto:

  • il sorgere di una sopravvenienza attiva che influenzi il debito fiscale, in quanto si origina (o si incrementa) il c.d. residuo attivo. In sostanza, si ottiene un surplus rispetto alla situazione fiscale di partenza che comporta la capacità della procedura di pagare tutti i debiti e restituire al fallito il surplus;
  • il sorgere di una sopravvenienza passiva che influenzi il debito fiscale, in quanto si riduce il c.d. residuo attivo. Si ottiene un deficit rispetto alla situazione fiscale di arrivo precedente. In tale ipotesi si avrebbe una riduzione della tassazione, a carico della procedura, di tale minor valore;
  • la nascita di una sopravvenienza attiva o passiva che non influenza, in considerazione del relativo ammontare, la liquidazione delle imposte intervenuta con la dichiarazione finale relativa alla chiusura del fallimento: in tale caso, non sorgerebbe alcun dovere a carico del curatore.

Aspetti relativi all’Iva

Ai fini Iva, l’attività può considerarsi cessata con l’ultimo atto realizzativo della procedura fallimentare.

La cessazione della posizione Iva, con la chiusura della procedura, comporta l’indubbio beneficio della possibilità di richiedere a rimborso il credito residuale Iva.

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