Cessioni immobiliari Tutele plusvalenze retroattive
Pubblicato il 08 giugno 2016
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Le nuove tutele sull'accertamento delle plusvalenze immobiliari, che sono state introdotte nel nostro ordinamento dal Dlgs n. 147/2015, sono ora riconosciute come legge di interpretazione autentica e, come tale, hanno valenza retroattiva.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11543/2016 del 6 giugno 2016, con la quale viene risolta una questione secondo la quale il maggiore valore accertato ai fini dell'imposta di registro poteva essere utilizzato per fondare la maggiore pretesa tributaria nei confronti del contribuente ai fini delle imposte dirette, che di fatto venivano determinate utilizzando il valore definito per l'imposta di registro invece che tenendo conto del reale prezzo di acquisto/vendita fissato nel contratto.
Prassi dell'Amministrazione finanziaria
Con il ricorso in Cassazione si è voluto censurare un principio ormai consolidato secondo cui l'Agenzia delle Entrate è legittimata a procedere induttivamente all'accertamento del reddito da plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno edificabile (accertando una maggiore plusvalenza patrimoniale), sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di definizione dell'imposta di registro.
Nuova interpretazione con effetti retroattivi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11543/2016, ha analizzato le disposizioni normative applicabili all'intera fattispecie, arrivando a formulare conclusioni diametralmente opposte sulla questione.
In primo luogo, i Giudici di legittimità hanno evidenziato come le disposizioni del Dlgs 147/2015 negano definitivamente la possibilità di presumere un corrispettivo maggiore di quello dichiarato esclusivamente sulla base del valore dichiarato o accertato ai fini dell’imposta di registro. In altri termini, vietano la possibilità di prevedere specificatamente che il maggior corrispettivo, rilevante ai fini della determinazione del maggior reddito imponibile ai fini Irpef, possa essere desunto soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
In secondo luogo, gli ermellini hanno specificato che tale norma ha una chiara ed evidente valenza interpretativa autentica. Essa, infatti, è da considerare una vera e propria legge di interpretazione autentica tanto che – anche in base allo Statuto del contribuente – produce effetti giuridici anche per il passato ed è applicabile anche alle controversie sorte antecedentemente alla sua entrata in vigore.
Pertanto – conclude la Corte – la natura di interpretazione autentica delle disposizioni dell'articolo 5, comma 3 del Dlgs 147/2015 esclude anche per il passato che il maggior valore definito per l'imposta di registro consenta di determinare il maggior corrispettivo dell’imposta sui redditi.
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