Cessione per debiti non provati E’ bancarotta
Pubblicato il 19 agosto 2016
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Costituisce bancarotta per distrazione, la cessione della nuda proprietà di beni immobili societari in favore dei figli e di un socio, per adempiere ad asseriti ma non dimostrati debiti nei confronti di questi ultimi.
E’ quanto dichiarato dalla Corte di Cassazione, quinta sezione penale, respingendo le censure di un imprenditore, il quale asseriva il carattere sostanzialmente obbligato della cessione di beni societari, in adempimento di un debito nei confronti dei figli e di un contratto preliminare stipulato con l’amico/socio, a copertura di ulteriori pregressi debiti con lo stesso.
La Corte di legittimità avalla, sul punto, la ricostruzione di merito, secondo cui la contestata operazione di cessione di diritti reali su immobili, sarebbe stata “una sorta di spartizione delle spoglie” della società, per organizzare la sottrazione dei beni a garanzia dei creditori.
A tale conclusione si era correttamente giunti, in sostanza – precisano gli ermellini – poiché i debiti nei confronti del socio traevano origine da arbitrari prelievi di somme dalle casse di altra società, mentre quelli nei confronti dei figli erano fondati esclusivamente su scritture private (senza peraltro alcuna certezza di autenticità del contenuto) e su dichiarazioni degli imputati.
Bancarotta Reato di pericolo a dolo generico
Confermata anche la sussistenza del dolo in ordine alla fattispecie contestata.
La Cassazione ribadisce in proposito come secondo giurisprudenza pressoché unanime, la bancarotta fraudolenta sia da considerarsi reato di pericolo a dolo generico, per la cui sussistenza non è dunque necessario che l’agente abbia la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né è necessario che lo stesso abbia agito allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori.
Occorre piuttosto che la condotta distrattiva – conclude la Corte con sentenza n. 34991 del 18 agosto 2016 – abbia di fatto determinato uno squilibrio tra attività e passività, o meglio, proprio come nel caso de quo, la consapevolezza di dare al patrimonio o ad alcune attività, una destinazione diversa rispetto alle finalità dell’impresa, così cagionando danno ai creditori, con coscienza del pericolo cui vanno incontro le loro ragioni.
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