Cassazione: tenuità del fatto retroattiva anche con più fatture false

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Cassazione: tenuità del fatto retroattiva anche con più fatture false

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7027 del 20 febbraio 2025, ha fornito utili chiarimenti sui criteri da adottare per valutare la particolare tenuità del fatto e per interpretare correttamente la non occasionalità della condotta nell'ambito dei reati tributari.

Nella decisione, è stata presa in esame anche la recente modifica normativa introdotta dal Decreto Legislativo n. 87 del 2024, che considera il pagamento del debito fiscale un elemento determinante per l’esclusione della punibilità.

Dichiarazione fraudolenta e particolare tenuità del fatto  

Nella vicenda esaminata, la Terza sezione penale della Cassazione ha affrontato un caso di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

La vicenda giudiziaria ha avuto per protagonista il titolare di uno studio legale, condannato all’esito di un giudizio abbreviato per aver inserito nella propria dichiarazione fiscale relativa all’anno 2015 elementi passivi fittizi per un ammontare imponibile di circa 44.000 euro, oltre IVA per oltre 9.000 euro.

All'imputato era stato contestato di essersi avvalso di fatture riferite a onorari non corrispondenti a operazioni effettivamente svolte al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

Il ricorso per cassazione e i motivi di impugnazione  

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione contestando la decisione della Corte d’Appello, sollevando due principali motivi di doglianza.

In primo luogo, ha lamentato la violazione dell’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 e dell’articolo 131-bis del Codice Penale, sostenendo che il giudice di secondo grado aveva valutato la gravità dell’offesa basandosi esclusivamente sull’entità del danno erariale, senza considerare altri parametri stabiliti dalla normativa vigente.

In secondo luogo, ha denunciato vizi di motivazione in relazione alla ritenuta inapplicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, osservando come la Corte d’Appello avesse considerato la condotta abituale soltanto in ragione della pluralità delle fatture emesse, senza però tenere conto del fatto che la contestazione riguardava un’unica operazione economica, sostanzialmente unitaria.

La decisione della Corte di Cassazione  

Esaminando il caso, la Cassazione ha ritenuto fondati entrambi i motivi, relativi alla mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista dall’articolo 131-bis del Codice Penale.

In particolare, ha ricordato che, in materia di reati tributari, la valutazione della particolare tenuità del fatto deve avvenire secondo i criteri stabiliti dall’articolo 13, comma 3-ter del Decreto Legislativo n. 74/2000, norma recentemente introdotta dal Decreto Legislativo n. 87/2024, che ha riformato il sistema sanzionatorio tributario.

La rottamazione può escludere la punibilità nei reati fiscali

Secondo questo nuovo impianto normativo, ai fini della non punibilità il giudice deve considerare in modo prevalente determinati indici di valutazione, tra i quali rientra anche l’integrale o parziale adempimento del debito tributario.

Tale pagamento può avvenire mediante rateizzazione concordata con l’Agenzia delle Entrate o attraverso l’adesione a misure di definizione agevolata, come la rottamazione delle cartelle esattoriali. Sul punto, la Cassazione ha richiamato la propria precedente decisione n. 14073 del 2024.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta dell’imputato di applicazione dell’articolo 131-bis del Codice Penale basandosi sulla gravità dell’offesa e sulla non occasionalità del reato, evidenziata dalla pluralità delle fatture fittizie utilizzate.

Tuttavia, secondo la Suprema Corte, il giudice di secondo grado non aveva adeguatamente analizzato la fattispecie alla luce della normativa vigente e dei nuovi presupposti indicati dall’articolo 13, comma 3-ter del Decreto Legislativo n. 74 del 2000. Articolo, quest'ultimo, che, costituendo norma sostanziale più favorevole, come tale suscettibile di applicazione retroattiva in virtù del principio generale sancito dell'articolo 2 quarto comma codice penale, trovava applicazione anche nella fattispecie benché il fatto fosse stato commesso in epoca antecedente la sentenza impugnata.

La Cassazione, quindi, ha rilevato che la Corte d’Appello aveva omesso di prendere in considerazione un elemento fondamentale, ovvero l’adesione dell’imputato alla procedura di definizione della lite fiscale, nonché l’avvenuto pagamento delle prime dodici rate previste nel piano di rientro del debito. Tale circostanza avrebbe dovuto essere valutata ai fini dell’applicazione della causa di esclusione della punibilità.

L’uso di più fatture non esclude la tenuità del fatto

Un ulteriore errore è stato riscontrato nell’interpretazione della non occasionalità della condotta. La Corte d’Appello aveva ritenuto l’imputato recidivo basandosi esclusivamente sul numero delle fatture false utilizzate, senza considerare il principio giurisprudenziale consolidato secondo il quale la pluralità dei documenti utilizzati non implica necessariamente una pluralità di reati.

La Cassazione ha infatti ribadito che il reato di dichiarazione fraudolenta si consuma nel momento in cui viene presentata una dichiarazione fiscale contenente elementi passivi inesistenti e non nel momento in cui le singole fatture vengono registrate nella contabilità aziendale. La stessa Corte ha richiamato il principio espresso nella sentenza n. 626 del 2008, secondo cui la registrazione delle fatture false è un’attività meramente prodromica alla realizzazione del reato.

Infine, la Cassazione ha sottolineato che il Decreto Legislativo n. 74 del 2000 prevede un’unica incriminazione per il soggetto che presenta una dichiarazione fraudolenta, indipendentemente dal numero di fatture false utilizzate (Cassazione n. 28437 del 2021). Questo orientamento è avvalorato anche dal contenuto della relazione governativa di accompagnamento al decreto, nella quale si afferma che l’utilizzo di più fatture a supporto di una medesima dichiarazione mendace configura comunque un unico reato.

Le conclusioni della Corte

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di appello limitatamente alla statuizione relativa all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

Ha quindi rinviato il caso alla Corte d’Appello affinché proceda a un nuovo esame della questione, fornendo una motivazione adeguata che tenga conto delle osservazioni formulate in sede di legittimità.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso Il titolare di uno studio legale è stato condannato per dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, avendo inserito nella dichiarazione fiscale del 2015 elementi passivi fittizi al fine di evadere le imposte.
Questione dibattuta L’imputato ha impugnato la sentenza lamentando la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e contestando l’errata valutazione della non occasionalità della condotta basata solo sulla pluralità delle fatture.
Soluzione della Corte di Cassazione La Cassazione ha accolto il ricorso ritenendo che la Corte d’Appello non abbia considerato adeguatamente la normativa vigente, in particolare l’art. 13, comma 3-ter del D.Lgs. 74/2000, che consente di valutare il pagamento del debito tributario ai fini della non punibilità. Ha inoltre chiarito che il reato è unico anche in presenza di più fatture fittizie se riferito alla stessa dichiarazione fiscale.
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