Cassazione: secondo invio PEC solo se la casella è satura
Pubblicato il 03 marzo 2025
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Con ordinanza n. 3703 del 13 febbraio 2025, la Corte di Cassazione, Sezione tributaria, si è occupata di un contenzioso fiscale che vedeva coinvolte una società contribuente e l’Agenzia delle Entrate.
Al centro del contenzioso vi era la validità della notifica di alcune cartelle di pagamento e la presunta decadenza dell’ente impositore dal potere di riscossione.
Notifica PEC: secondo invio solo se la casella è satura, la Cassazione chiarisce
Il caso esaminato
La controversia nasce dall’impugnazione, da parte della società, di un’intimazione di pagamento riferita a diverse cartelle esattoriali.
L’impresa aveva contestato l’omessa notifica di alcune di esse, sostenendo che la pretesa fiscale dell’amministrazione fosse ormai prescritta o decaduta.
In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso della contribuente e, successivamente, la Commissione Tributaria Regionale aveva confermato la decisione, rigettando l’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate.
L'Agenzia aveva quindi presentato ricorso per Cassazione, denunciando un’erronea interpretazione della normativa sulla notifica via PEC e sulla decadenza dell’azione di riscossione.
Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, accogliendo l’impugnazione e cassando la sentenza della CTR.
Secondo i giudici di legittimità, la notifica era stata effettuata in modo corretto, poiché l’indirizzo PEC utilizzato risultava ufficialmente indicato nel registro INIPEC, ma la trasmissione era stata respinta per invalidità dell’indirizzo stesso.
In tali circostanze, la normativa prevede un iter specifico che consente di completare la notifica attraverso il deposito telematico presso InfoCamere, la pubblicazione di un avviso per quindici giorni e l’invio di una raccomandata informativa.
La CTR aveva erroneamente ritenuto necessaria una seconda trasmissione via PEC prima di poter procedere con questi adempimenti, equiparando la situazione a quella della casella di posta elettronica satura.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha chiarito che il secondo invio è richiesto esclusivamente in caso di saturazione della casella PEC, mentre, nel caso di un indirizzo non valido o inattivo, il procedimento alternativo si attiva immediatamente senza necessità di ripetere la trasmissione elettronica.
Di seguito il principio di diritto enunciato, sul punto, dalla Suprema corte:
"In caso di notifica a mezzo pec di cui all'art. 60, D.P.R. n. 600/1973, ove l'indirizzo risulti non valido o inattivo, le formalità di completamento della notifica, costituite dal deposito telematico dell'atto nell'area riservata del sito internet della società InfoCamere e dalla pubblicazione, entro il secondo giorno successivo al deposito, dell'avviso nello stesso sito per quindici giorni, oltre all'invio di raccomandata, non devono essere precedute da un secondo invio dell'atto via pec decorsi almeno sette giorni, formalità riservata al solo caso in cui la notifica non si sia potuta eseguire perché la relativa casella risultava satura al primo tentativo".
Nessuna decadenza per l'Agenzia Entrate
Altro punto centrale della decisione riguarda la presunta decadenza dell’ente impositore dal potere di riscossione.
Secondo la normativa vigente, il termine per la notifica delle cartelle esattoriali è di tre anni dalla presentazione della dichiarazione dei redditi.
Nel caso specifico, trattandosi di dichiarazioni relative al periodo d’imposta 2014, presentate nel 2015, la scadenza per la notifica era fissata al 31 dicembre 2018.
Poiché, nella specie, le cartelle erano state notificate il 29 gennaio e il 15 febbraio 2018, la Corte ha escluso la decadenza, confermando la tempestività dell’azione dell’Agenzia delle Entrate.
Conclusioni della Corte
La Cassazione, in definitiva, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando la decisione della CTR e decidendo direttamente nel merito.
Il ricorso originario della contribuente è stato rigettato, con conferma della validità della notifica delle cartelle ancora oggetto di contestazione.
La società, inoltre, è stata condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, oltre agli oneri accessori, mentre le spese relative ai gradi di merito sono state compensate tra le parti.
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