Cassazione: presidente CdA non è sempre responsabile
Pubblicato il 11 aprile 2025
In questo articolo:
- Concorso omissivo in bancarotta: esclusa la colpa per chi non ha deleghe
- Cassazione: il presidente senza delega non risponde del crac
- Amministratore senza deleghe: quando può dirsi responsabile
- No a condanne basate su mera posizione formale di amministratore
- Valore probatorio dei verbali del CdA
- Effetti della decisione
- Tabella di sintesi della decisione
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La mera qualifica formale di Presidente del Consiglio di amministrazione non è sufficiente, di per sé, a fondare una responsabilità penale per bancarotta impropria in assenza di poteri gestionali effettivi.
Occorre accertare la concreta consapevolezza e l’inerzia volontaria dell’amministratore non esecutivo, con esclusione di forme di responsabilità per colpa basate su ruoli meramente formali.
Concorso omissivo in bancarotta: esclusa la colpa per chi non ha deleghe
Con la sentenza n. 14199 del 10 aprile 2025, la Quinta Sezione penale della Cassazione si è pronunciata in materia di responsabilità penale degli amministratori non esecutivi (ovvero privi di delega), in relazione ai reati fallimentari, in particolare alla bancarotta impropria da operazioni dolose.
Il caso esaminato riguarda un'imprenditrice, imputata per fatti avvenuti durante un periodo in cui era Presidente del consiglio di amministrazione (CdA) di una società a responsabilità limitata ma non aveva poteri gestionali all’interno della compagine.
L'imputata era stata condannata dalla Corte d'appello per il reato di bancarotta impropria da operazioni dolose, per aver cagionato il fallimento della società attraverso operazioni dolose, consistenti nel sistematico inadempimento delle obbligazioni tributarie, contributive e previdenziali.
Tale condotta, secondo l'accusa, aveva portato ad un progressivo aumento del debito con l'Erario e, infine, al dichiarato fallimento.
L'imprenditrice aveva impugnato la condanna davanti alla Suprema corte, lamentando, tra i motivi, la carenza degli elementi, oggettivo e soggettivo, del reato contestatole.
Cassazione: il presidente senza delega non risponde del crac
La Cassazione, in particolare, ha ritenuto fondata la censura con cui la ricorrente aveva rimarcato il fatto di non avere poteri gestori nella società.
Censura, questa, rispetto alla quale la sentenza della Corte territoriale aveva fornito una risposta del tutto carente rispetto ai parametri dettati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'attribuzione di responsabilità per i reati di bancarotta spetta solo a chi risulti avere quei poteri gestori sottesi agli atti che ne costituiscono il substrato.
Amministratore senza deleghe: quando può dirsi responsabile
Sul punto, la Quinta Sezione penale ha richiamato il principio enunciato dalla medesima Cassazione con sentenza n. 33582/2022:
Responsabilità in presenza di determinati presupposti
In altri termini, affinché possa configurarsi la responsabilità per concorso omissivo in capo a un amministratore sprovvisto di delega, è necessario che sussistano determinati presupposti di fatto e di diritto, da accertare alla luce di una valutazione concreta del contesto societario e dell’effettiva possibilità di intervento del soggetto coinvolto.
In primo luogo, è fondamentale dimostrare che l’amministratore fosse effettivamente a conoscenza di circostanze pregiudizievoli per la società. In assenza di tale prova diretta, risulta comunque sufficiente che egli si trovasse in presenza di segnali di allarme chiari e inequivocabili, tali da rendere prevedibile, secondo i canoni del dolo eventuale, la possibilità che si verificasse un evento illecito, accettandone il rischio attraverso l’inazione.
In secondo luogo, è richiesto che l’omissione sia frutto di una consapevole volontà di non attivarsi. Questo significa che, pur avendo la possibilità di intervenire in seno al consiglio di amministrazione, l’amministratore abbia deliberatamente scelto di non adottare alcuna misura per impedire il verificarsi del fatto illecito. Tale comportamento si qualifica giuridicamente come dolo indiretto, in quanto espressione di un atteggiamento di inerzia intenzionale.
Infine, è necessario accertare la sussistenza del nesso causale tra l’omissione dell’amministratore e le condotte illecite poste in essere dagli amministratori muniti di delega. A tal fine, occorre effettuare una valutazione controfattuale, ipotizzando ciò che sarebbe verosimilmente accaduto se l’amministratore privo di delega avesse esercitato il proprio potere di intervento. Solo qualora emerga che tale azione avrebbe potuto impedire o quantomeno ostacolare la realizzazione dell’evento criminoso, il concorso omissivo potrà ritenersi configurato.
No a condanne basate su mera posizione formale di amministratore
La giurisprudenza della Cassazione - hanno rammentato gli Ermellini - si è orientata verso una linea interpretativa restrittiva, volta a evitare condanne basate sulla mera posizione formale dell’amministratore, escludendo la configurabilità della responsabilità penale per colpa in luogo del dolo, come richiesto dagli articoli 216 e 223 della Legge Fallimentare.
In particolare, è stato chiarito che la semplice presenza di segnali d’allarme non è sufficiente a fondare la responsabilità dell’amministratore privo di delega.
Occorre invece dimostrare che egli abbia avuto concreta conoscenza dell’evento pregiudizievole o del rischio che questo si verificasse, e che, nonostante ciò, sia rimasto volontariamente inerte, così avallando consapevolmente le condotte illecite degli amministratori delegati.
Pertanto, l’inerzia dinanzi ad anomalie gestionali, per quanto possa integrare una grave negligenza, non equivale automaticamente a dolo, né consente di affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, una partecipazione consapevole all’illecito altrui.
In seguito alla riforma del diritto societario, infatti, gli amministratori senza delega non sono più titolari di un dovere generale di vigilanza sull’operato degli amministratori delegati.
Ne discende che non può ritenersi automaticamente responsabile per il mancato adempimento delle obbligazioni fiscali il presidente del CdA che non era investito di poteri esecutivi e che potrebbe non essere a conoscenza della prassi della società di soddisfare sistematicamente altri creditori (fornitori e dipendenti) a scapito dell’Erario.
In sostanza, la mancanza di poteri gestori e l’assenza di elementi conoscitivi o di segnali d’allarme inequivocabili impedisce di configurare una condotta omissiva penalmente rilevante in capo all'amministratore senza deleghe.
Valore probatorio dei verbali del CdA
La Corte di cassazione, ciò posto, ha sottolineato l'importanza dell’analisi dei verbali del Consiglio di amministrazione per accertare se, nel caso in esame, vi fossero elementi dai quali l’amministratore senza delega avrebbe potuto desumere la situazione critica in atto.
In assenza di tali elementi, non poteva essere affermata la responsabilità penale per omessa vigilanza su decisioni esecutive altrui.
Effetti della decisione
La Suprema corte, in definitiva, ha annullato, con rinvio, la condanna disposta in sede di merito, rilevando l’assenza di motivazione circa l’effettiva conoscenza o la colpevole ignoranza dell’imputata.
La Corte di cassazione ha quindi rimesso la questione al giudice di rinvio, affinché venga verificata l’effettiva incidenza causale della condotta omissiva eventualmente ascrivibile alla fase in cui la presidente aveva assunto poteri gestionali.
Tabella di sintesi della decisione
Sintesi del caso | Un’imprenditrice, presidente del CdA di una s.r.l. senza deleghe gestionali per un certo periodo, è stata condannata per bancarotta impropria da operazioni dolose. La condanna era fondata sul sistematico inadempimento delle obbligazioni tributarie della società. L’imputata ha impugnato la decisione, sostenendo l’assenza di poteri gestori e la mancanza di consapevolezza rispetto alle condotte illecite. |
Questione dibattuta | Se un amministratore privo di deleghe gestionali, e dunque sprovvisto di poteri operativi, possa essere ritenuto penalmente responsabile per bancarotta impropria, sulla sola base della sua posizione formale di presidente del consiglio di amministrazione. |
Soluzione della Corte di Cassazione | La Suprema Corte ha annullato la condanna con rinvio, affermando che la mera qualifica formale non è sufficiente a configurare la responsabilità penale. È necessario dimostrare che l’amministratore senza deleghe fosse concretamente a conoscenza delle condotte illecite o che abbia ignorato segnali d’allarme inequivocabili, rimanendo volontariamente inerte. In assenza di tali elementi, non può essere configurato il concorso omissivo nel reato. |
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