Cani abbandonati in giardino Sequestrabili
Pubblicato il 23 dicembre 2016
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Il sequestro dei cani è legittimo non solo in caso di maltrattamenti degli stessi, ma anche nell'ipotesi in cui il padrone li abbandoni in giardino in pessime condizioni igieniche.
A precisarlo, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, respingendo il ricorso di un’indagata per i reati di cui agli artt. 674 e 659 c.p., su esposto dei vicini, infastiditi dai rumori e dai cattivi odori originati dai tre cani incustoditi nel giardino della ricorrente.
Quest’ultima si opponeva, in particolare, al disposto sequestro degli animali, in quanto considerati nell'ordinanza impugnata “cose” pertinenti al reato, la cui libera disponibilità avrebbe in altre parole consentito la reiterazione dei reati medesimi.
Animali assimilabili a “cose” Sequestro ammesso
La Cassazione chiarisce in proposito come gli animali, secondo consolidata giurisprudenza, siano considerati “cose” assimilabili – secondo i principi civilistici – alla res anche ai fini della legge processuale. Essi possono dunque, in presenza dei necessari presupposti, costituire oggetto di sequestro preventivo.
E’ quindi errata l’argomentazione della ricorrente, secondo cui il sequestro preventivo degli animali sarebbe possibile solo per tutelarli da maltrattamenti e non in altri casi, non trovando essa alcun fondamento normativo positivo.
Cani esseri senzienti Regime giuridico non muta
Riconoscere i cani, come sostiene l’indagata, quali “esseri senzienti” - cui deriva una sofferenza per l’allontanamento dai padroni – non muta affatto, con effetto vincolante sul giudice e sul legislatore, il loro regime giuridico.
Tutela interessi umani prevalente
Invero – precisano gli ermellini – la comunque non dimostrata e niente affatto pacifica sofferenza dei cani per il loro allontanamento dal luogo dove vengono custoditi dalla ricorrente, è priva di rilevanza rispetto alle esigenze umane che le norme penali in questione (artt. 659 e 674 c.p.) tutelano.
Così come privo di rilevanza è il sentimento che la ricorrente sostiene di provare verso i propri animali – conclude la Corte con sentenza n. 54531 del 22 dicembre 2016 – giacché in un’operazione di bilanciamento, detto sentimento non può che cedere rispetto agli interessi umani tutelati dalle suddette norme penali.
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