Canapa “sativa”: la commercializzazione è reato
Pubblicato il 31 maggio 2019
In questo articolo:
Condividi l'articolo:
Alle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione è stato chiesto di chiarire se le condotte diverse dalla coltivazione della canapa e, in particolare, la commercializzazione della varietà di cannabis “sativa”, siano o meno penalmente rilevanti.
Nel dettaglio, sono state domandate precisazioni circa l’applicabilità alle dette condotte della Legge n. 242/2016, recante disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa.
La soluzione delle Sezioni Unite penali
Con informazione provvisoria n. 15 del 30 maggio 2019, l’Ufficio stampa della Corte di cassazione ha reso nota la soluzione adottata dalle SU rispetto alla indicata questione.
Secondo il Massimo Collegio di legittimità, in particolare, la commercializzazione di canapa sativa, nonché di foglie, inflorescenze, olio e resina ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà, non rientra nell’ambito di applicazione della Legge richiamata.
Quest’ultima – viene precisato – qualifica, come lecita, unicamente l’attività di coltivazione delle varietà iscritte nel Catalogo comune delle specie di piante agricole, elencando tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati.
Ne discende che le condotte di cessione, di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa integrano il reato di cui all’articolo 73, commi 1 e 4 del DPR n. 309/1990 (Testo unico delle leggi in materia di stupefacenti).
Ciò, salvo il caso in cui tali prodotti siano, in concreto, privi di efficacia drogante.
Si resta in attesa del deposito della decisione della Suprema corte.
Ricevi GRATIS la nostra newsletter
Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.
Richiedila subitoCondividi l'articolo: