Bulli a scuola condannati per stalking

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Bulli a scuola condannati per stalking

La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ha confermato il reato di stalking a carico di alcuni studenti che avevano perseguitato, a scuola, un proprio compagno di classe, picchiandolo ed insultandolo ripetutamente.

Responsabilità fondata su dichiarazioni della vittima

Inutile per la difesa degli imputati negare, nella specie, la configurabilità del reato ex art. 612 bis c.p. per una serie di motivazioni, tutte rigettate dai Giudici Supremi. Innanzitutto, chiariscono questi ultimi, la responsabilità per stalking ben può basarsi sulle sole dichiarazioni della persona offesa – una volta appurata la sua credibilità soggettiva e l’attendibilità intrinseca del suo racconto - tanto più se dette dichiarazioni, come nel caso de quo, appaiono corroborate proprio da un filmato dell’aggressore.

Evento reato su elementi sintomatici

Rigettata anche la tesi difensiva del carattere isolato di alcuni episodi, priva di riscontro nelle risultanze processuali. Quanto invece all’evento reato, la Cassazione conferma la causazione, nella persona offesa, di un perdurante stato di ansia e di paura, ancorato ad elementi sintomatici ricavabili dalle stesse dichiarazioni della vittima, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta degli agenti, dall'astratta idoneità di questi ultimi a causare l’evento (in riferimento alle condizioni di luogo e di tempo in cui lo stesso si è consumato).

Del resto, il fatto che lo studente offeso abbia continuato a frequentare la scuola, nonostante il timore di subire ulteriori molestie, è privo di decisività, dato lo stato di soggezione psicologica su cui i giudici di merito hanno ampiamente argomentato. Fatto che in ogni caso va letto alla luce del finale abbandono dell’istituto scolastico teatro delle contestate vicende, con trasferimento della vittima in altra città.

Prescrizione, decorre dall'evento danno

La Corte ha altresì confermato – con sentenza n. 28623 dell'8 giugno 2017 - l’assorbimento dei fatti di ingiuria nel più ampio contesto degli atti persecutori ex art. 612 bis c.p. e negato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. A tal proposito ha ricordato che il termine di prescrizione comincia a decorrere dalla consumazione del reato, che non coincide con la cessazione delle condotte, ma con il c.d. “evento danno”, ossia, alternativamente: a) l’alterazione delle abitudini di vita da parte della vittima o un perdurante stato di ansia e di paura; b) il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto.

 

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