Aziende in crisi, derogabile la disciplina sul trasferimento d’azienda
Pubblicato il 15 giugno 2019
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Laddove il trasferimento d’azienda sia attuato da aziende assoggettate a procedura concorsuale, il legislatore – ai sensi dell’art. 47, co. 4-bis, lett. b) e b-bis) e co. 5, della L. 29 dicembre 1990, n. 428 – consente di derogare a tutte o alcune delle tutele previste in favore del lavoratore dalle disposizioni di cui all’art. 2112 cod.civ. In particolare, la disposizione di cui al co. 5 prevede che in caso di trasferimento attuato da aziende sottoposte a fallimento, concordato preventivo con cessione dei beni, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria, qualora non sia stata disposta o sia cessata la continuazione dell’attività, alla fattispecie dei lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non si applica l’art. 2112 cod. civ.
Ad esempio, nel caso della disciplina dell’amministrazione straordinaria, l’art. 63, co. 4 e 5 del D.Lgs. n. 270/1999 contiene norme volte ad escludere la responsabilità patrimoniale del cessionario ed a sottrarre i trasferimenti alla disciplina dell’art. 2112 cod. civ. La legittimità di una clausola di rinuncia alla solidarietà del cessionario per le obbligazioni anteriori al trasferimento, nell’ipotesi di cessione d’azienda ai sensi dell’art. 63 del D.Lgs n. 270/99, è stata anche riconosciuta dalla giurisprudenza (cfr. Cassazione, sezione Lavoro, 4 novembre 2014, n. 23473).
A darne notizia è l’INPS, con il messaggio n. 2272 del 14 giugno 2019.
Trasferimento d’azienda, le tutele in favore dei lavoratori
In caso di trasferimento d’azienda, l’art. 2112 cod. civ. prevede una serie di tutele volte ad assicurare che le vicende circolatorie dell’azienda non incidano negativamente sulle posizioni dei lavoratori coinvolti.
Tra le principali tutele è possibile annoverare:
- la continuità del rapporto di lavoro;
- l’obbligazione solidale tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento.
Ad esse il legislatore ha dedicato i primi due commi del menzionato articolo, i quali prevedono che:
- “in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”;
- “il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro”.
Tali norme incidono sulle modalità di intervento del Fondo di garanzia, di cui all’art. 2 della L. 29 maggio 1982, n. 297, nelle diverse ipotesi di trasferimento d’azienda.
Trasferimento d’azienda, l’intervento del Fondo di garanzia INPS
Nell'ipotesi in cui il trasferimento d’azienda sia stato effettuato da azienda cedente in bonis, il Fondo di garanzia può intervenire, per l’intero importo maturato, solo in caso di insolvenza del datore di lavoro cessionario, vale a dire dell’imprenditore che riveste la qualifica di datore di lavoro al momento in cui si verifica la cessazione del rapporto di lavoro.
Quindi, l’INPS consente l’intervento del Fondo di garanzia solo quando l’insolvenza riguardi il datore di lavoro cessionario e tale interpretazione è stata confermata anche dalla giurisprudenza (cfr. Cassazione, sezione Lavoro, 19 luglio 2018, n. 19277, e Cassazione, sezione Lavoro, 28 novembre 2018, n. 30804).
Tale soluzione trova applicazione anche in presenza di un eventuale accordo con il quale il lavoratore rinuncia alla solidarietà del cessionario per i crediti di lavoro esistenti al momento del trasferimento. Detto accordo, infatti, seppure fosse valido, non può produrre alcun effetto per l’INPS che non ne è stato parte (art. 1372 c.c.).
In altri termini, l’articolo 2112 c.c. è una norma imperativa che consente ai lavoratori, avvalendosi delle procedure di conciliazione previste dagli articoli 410 e 411 c.p.c., di liberare dalla responsabilità patrimoniale dei crediti esistenti al momento del trasferimento il cedente, e non già il cessionario.
Trasferimento d’azienda e affitto d’azienda
L’affitto costituisce una delle modalità con le quali si può realizzare il trasferimento d’azienda. Con riferimento all’affitto dell’azienda del fallito, regolato dall’articolo 104-bis della Legge Fallimentare, il credito per TFR, in presenza degli altri requisiti previsti dall’art. 2 della L. n. 297/82, deve essere considerato esigibile all’atto del trasferimento.
Mentre in caso di fallimento di una delle parti nel corso dell’esecuzione di un contratto di affitto d’azienda stipulato quando le imprese erano in bonis, l’articolo 79 della Legge Fallimentare prevede che, non essendo il fallimento di uno dei contraenti causa di scioglimento del contratto, il contratto stesso prosegue, salva la facoltà delle parti di recedere entro 60 giorni.
Ne consegue che il fallimento dell’azienda cedente non determina l’automatica retrocessione dei lavoratori passati alle dipendenze del cessionario e, pertanto, le domande volte ad ottenere la liquidazione della quota di TFR maturata dai lavoratori per il periodo in cui erano alle dipendenze della cedente non potranno trovare accoglimento.
- eDotto.com – Edicola del 26 marzo 2019 - Cessione di ramo d’azienda, configurabile se si cedono i contratti con i clienti – G. Lupoi
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