Avvocatura civica Dirigenti in via esclusiva
Pubblicato il 02 marzo 2017
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Anci/Cnf Interpretazioni difformi
Vincolo di esclusività per i dirigenti dell’Avvocatura civica, pena la cancellazione dall'Elenco speciale degli avvocati dipendenti di enti pubblici e la perdita dell'incarico.
E’ quanto chiarito dal Consiglio nazionale forense, con nota del 28 febbraio 2017, in risposta all'interpretazione dell’Anci - Associazione nazionale comuni italiani – circa l’art 1, comma 221 Legge n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016).
Detta ultima disposizione, al fine di garantire maggiore flessibilità alla figura dirigenziale, prevede difatti che ai dirigenti dell’Avvocatura civica, l’incarico dirigenziale possa essere attribuito senza vincolo di esclusività (ossia, di trattazione esclusiva degli affari legali dell’Ente). Condizione di esclusività che invece è richiesta quale necessaria ed inderogabile dalla Legge n. 247/2012 art. 23, ai fini dell’iscrizione nell'Elenco speciale degli avvocati dipendenti degli Enti pubblici.
Orbene le rispettive interpretazioni di Anci e Cnf si scontrano proprio sulla prevalenza o meno delle Legge forense rispetto a quella di Stabilità 2016.
Secondo l’Anci, in particolare, la previsione di cui all'art. 1 comma 221 Legge n. 208/2015 si porrebbe in rapporto di specialità rispetto alla disciplina generale di cui alla Legge n. 247/2012, per cui il professionista, pur investito di più incarichi dirigenziali, potrebbe conservare l’iscrizione al suddetto Elenco, e conseguentemente lo ius postulandi.
Cnf Legge forense prevale su Stabilità
Avvocati pubblici con esclusività Pena la cancellazione
Di diverso avviso il Cnf, secondo cui – come spiega nella presente nota – le Legge forense (cit. art. 23) è norma speciale, prevalente su quella di Stabilità 2016. Sicché il venir meno del requisito della esclusività per il dipendente, non consente la permanenza dello stesso nel suddetto Elenco speciale, annesso all'Albo professionale degli avvocati.
Posizione avvalorata da Consulta e Cassazione
A sostegno del proprio orientamento, il Cnf richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 91/2013, che attribuisce alla deroga prevista dal vecchio e dal nuovo ordinamento forense “carattere di norma eccezionale, stante appunto la sua natura derogatoria rispetto al principio generale di incompatibilità”.
Nella medesima pronuncia viene altresì ribadito che “gli avvocati dipendenti di Enti pubblici sono abilitati alla trattazione degli affari legali dell'Ente stesso, a condizione che siano incardinati in un ufficio legale stabilmente costituito e che siano incaricati in forma esclusiva dello svolgimento di tali funzioni».
Ciò significa – sottolinea ancora il Cnf – che l’Ente pubblico è tenuto a costituire un ufficio legale autonomo nell'ambito della propria pianta organica e ad inquadrare gli addetti all'ufficio legale “in via esclusiva allo svolgimento delle funzioni legali di competenza, in piena libertà e autonomia”. Posizione, d'altronde, costantemente ribadita anche dalla Corte di Cassazione, che più volte ha ribadito come gli avvocati pubblici debbano occuparsi esclusivamente della trattazione degli affari legali dell’Ente, con esclusione di ogni altra attività di gestione amministrativa.
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