Avviso di accertamento su segnalazione GdF senza il termine di 60 giorni

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Avviso di accertamento su segnalazione GdF senza il termine di 60 giorni

Con ordinanza n. 4726 del 15 febbraio 2023, la Corte di cassazione si è pronunciata nell'ambito di una vicenda che aveva ad oggetto l'impugnazione di un avviso di accertamento - relativo ad Ires, Irap ed Iva - con il quale l'Agenzia delle entrate aveva contestato ad una società, ricavi non contabilizzati, conseguenti ad operazioni commerciali formalmente imputate ad altra compagine, quale società cedente i relativi beni ed emittente le conseguenti fatture, ma in realtà, attesa la natura fittizia di quest'ultima, riconducibili alla contribuente.

La società si era rivolta alla Suprema corte dopo che l'impugnazione dalla stessa promossa davanti alle Commissioni tributarie, di primo e secondo grado, non era stata accolta.

In sede di legittimità, la stessa aveva fatto valere una serie di motivi di doglianza, contestando, in primo luogo, che la CTR avesse ritenuto legittimo l'avviso d'accertamento in parola, nonostante esso fosse stato notificato, unitamente al processo verbale di constatazione presupposto della Guardia di finanza, senza il rispetto del termine legale dilatorio di 60 giorni dalla previa notifica dello stesso PVC, per la comunicazione di osservazioni e richieste da parte del contribuente.

La deducente, inoltre, lamentava un'omessa motivazione in ordine alla dedotta illegittimità dell'accertamento a causa del mancato rispetto del predetto termine dilatorio.

Nella motivazione della sentenza d'appello, in particolare, l'eccepita nullità dell'atto impositivo, per asserita notifica prima dello scadere del termine obbligatorio di 60 giorni, era stata giudicata infondata, considerando che nell'avviso di accertamento si era fatto riferimento ad una segnalazione, e non ad un PVC.

L'avviso d'accertamento nei confronti della contribuente, infatti, era stato emesso su segnalazione della Guardia di finanza, le cui indagini erano state espletate nei confronti di altro soggetto, originando nei confronti dell'attuale ricorrente una mera segnalazione.

Secondo la Corte di cassazione, ciò posto, la motivazione di merito, per quanto sintetica, esprimeva, in maniera logicamente comprensibile e non contraddittoria, la ratio decidendi, secondo la quale mancava lo stesso presupposto dell'applicazione del predetto termine di cui all'art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000, ovvero lo svolgimento di operazioni di controllo nei confronti della contribuente.

Difatti - hanno precisato gli Ermellini - se è vero che il termine legale dilatorio decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, occorre pur sempre che le operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dall'Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell'accertamento.

Nella vicenda sottoposta al vaglio di legittimità, invece, la verifica ed il PVC riguardavano una terza società e costituivano, nei confronti dell'attuale ricorrente, un atto istruttorio "esterno" rispetto al procedimento accertativo che poi l'aveva riguardata.

Da qui la formulazione del seguente principio di diritto: "In materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il termine dilatorio di cui all'art. 12, co. 7, I. n. 212/2000 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali di accesso, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, purché le operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dell'Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell'accertamento, non applicandosi il medesimo termine con riferimento ad un p.v.c. redatto a conclusione dell'accesso presso una terza società che integri, rispetto al contribuente, un atto istruttorio "esterno" rispetto al procedimento accertativo che l'ha attinto direttamente".
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