Avanzo di amministrazione incompatibile con piano di riequilibrio pluriennale

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Avanzo di amministrazione incompatibile con piano di riequilibrio pluriennale

La preesistenza di un avanzo di amministrazione è del tutto incompatibile con la preesistenza o l’avviamento di un piano pluriennale di riequilibrio finanziario.

Lo ha sottolineato la Corte costituzionale con sentenza n. 105 del 2 maggio 2019, nell’evidenziare il carattere “parzialmente eccentrico” della disposizione contenuta nell’art. 5, comma 11-septies, del convertito Decreto-legge n. 244/2016.

Consulta: contraddizione in termini

Si tratta della norma che consente, agli enti locali che abbiano avviato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ma che non siano riusciti a rispettare il termine specificamente fissato (non conseguendo, così, l’accoglimento del piano di riequilibrio), di poter deliberare un nuovo piano di riequilibrio finanziario pluriennale nel caso in cui gli stessi abbiano conseguito “un miglioramento”.

La disposizione censurata, ossia, condiziona la deroga al principio di decadenza, per decorso del termine, all’avvenuto “conseguimento di un miglioramento, inteso quale aumento dell’avanzo di amministrazione o diminuzione del disavanzo di amministrazione, registrato nell’ultimo rendiconto approvato dall’ente locale”.

Secondo la Consulta – chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di questa previsione – se anche la norma in esame non presenta “aporie logiche” per l’ipotesi della diminuzione del disavanzo di amministrazione, altrettanto non potrebbe dirsi per il caso dell’aumento dell’avanzo di amministrazione.

In quest’ultima ipotesi, difatti, si presuppone la preesistenza di un avanzo di amministrazione che, in realtà, è del tutto incompatibile con la preesistenza o l’avviamento del piano pluriennale di riequilibrio.

Una contraddizione in termini, questa, che i giudici costituzionali hanno ritenuto non innocua, posto che già in passato “l’ambigua formulazione normativa inerente al concetto di avanzo di amministrazione ha indotto alcuni enti territoriali a introdurre disposizioni in materia di bilancio costituzionalmente illegittime”.

Da qui la precisazione che l’avanzo di amministrazione non può essere confuso con il saldo attivo di cassa e neppure con un risultato di esercizio annuale positivo.

Non è assolutamente configurabile – ha concluso la Corte - la compatibilità di un avanzo di amministrazione con un piano di riequilibrio finanziario pluriennale.

Questione inammissibile, considerazioni

Con la pronuncia di ieri, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile, per difetto di rilevanza, la specifica questione sollevata dalla Corte dei conti, sezione di controllo Regione siciliana, con riferimento alla norma richiamata.

Nel testo della decisione, ha comunque sottolineato la contraddizione intrinseca della medesima previsione, là dove prevede la facoltà di deliberare il nuovo piano di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali che abbiano conseguito un miglioramento dell'avanzo di amministrazione.

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