Associazione in partecipazione e lavoro subordinato. Differenze
Pubblicato il 19 novembre 2020
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Pronuncia della Corte di cassazione sul discrimine esistente tra la fattispecie del rapporto di lavoro subordinato con partecipazione agli utili e quella di contratto di associazione in partecipazione.
La Suprema corte, con ordinanza n. 26273 del 18 novembre 2020, ha confermato la decisione con cui la Corte d’appello aveva ritenuto legittime alcune cartelle esattoriali notificate ad una Srl per il recupero della contribuzione previdenziale INPS relativa alle posizioni lavorative di tre donne, formalmente contrattualizzate in regime di associazione in partecipazione, ma che - secondo l'accertamento ispettivo - erano da qualificare come lavoratrici subordinate della società.
Associazione in partecipazione o lavoro subordinato con partecipazione agli utili?
I giudici di merito, in particolare, avevano sussunto il rapporto contrattuale esistente tra le parti in causa nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato con partecipazione agli utili.
Nel dettaglio, la Corte di gravame aveva rilevato:
- che le tre lavoratrici avevano sempre svolto attività di commessa di negozio e avevano percepito un compenso mensile "garantito", in linea con la retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva di settore, senza partecipazione alle perdite;
- che i conguagli eseguiti a fine anno erano corrisposti con l'allegazione di mero prospetto riepilogativo del calcolo effettuato, recante l'indicazione degli incassi/ricavi su cui veniva calcolata la percentuale di partecipazione pattuita;
- che rispetto alle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, le associate osservavano un orario stabilito per relationem all'orario di apertura del negozio;
- che le tre prestatrici mantenevano un ambito di autonomia del tutto marginale, di carattere meramente esecutivo, al pari di quello proprio di una commessa in regime di subordinazione.
Considerando, inoltre, che la riconducibilità del rapporto all'uno o all'altro degli schemi contrattuali dipendeva dall'accertamento, in fatto, della prevalenza degli elementi caratterizzanti le due diverse tipologie contrattuali - e, segnatamente, quanto al contratto di associazione in partecipazione con apporto della prestazione lavorativa, dalla partecipazione dell'associato al rischio di impresa e dalla sussistenza di un suo controllo sulla gestione imprenditoriale – la Corte aveva concluso per la fondatezza delle pretese dell’INPS.
Manca effettiva partecipazione al rischio d'impresa? Associazione in partecipazione esclusa
La società aveva promosso ricorso in sede di legittimità lamentando, come unico motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2549, 2552, 2553, 2554, 2094, 2102 e 2697 del Codice civile.
Doglianza giudicata infondata dalla Sezione lavoro della Cassazione, la quale ha in primo luogo precisato che la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito è censurabile in sede di legittimità solo limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto.
Per contro, l'accertamento sugli elementi di rilievo, nel concreto, idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli individuati, costituisce apprezzamento di fatto che, se - come nella specie - immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione.
E questo era accaduto nella vicenda in esame, in cui la Corte di secondo grado, con accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, aveva evidenziato l'assenza di un'effettiva partecipazione al rischio di impresa, da cui l'assenza di uno dei requisiti che indefettibilmente devono ricorrere per la configurabilità della fattispecie negoziale di cui al contratto formalmente stipulato tra le parti.
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