Alterco seguito da vie di fatto: sanzione conservativa, no recesso

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Alterco seguito da vie di fatto: sanzione conservativa, no recesso

Illegittimo il recesso per giusta causa dell'operatore di metropolitana coinvolto in un alterco seguito da vie di fatto.

Verrà sottoposta ad un nuovo esame di merito la vicenda di un dipendente della metropolitana, operatore di pronto intervento nelle stazioni, licenziato a seguito di una colluttazione con un passeggero che stava facendo ingresso dai varchi di imbarco, tentando di fare passare con un unico biglietto altre due persone.

Secondo la Corte d'appello, l'episodio contestato al lavoratore era da considerare una deliberata aggressione e non un alterco accompagnato o seguito da vie di fatto o una rissa, per come invece era stato ritenuto dal giudice di prime cure, secondo cui il comportamento addebitato risultava tipizzato in una condotta punita con sanzione conservativa.

Il lavoratore si era rivolto alla Suprema corte per impugnare la decisione di secondo grado, lamentando, tra i motivi, violazione e falsa applicazione di legge, asserendo di essere stato coinvolto in un alterco seguito da vie di fatto o rissa, di essere stato aggredito e curato al Pronto soccorso e di essersi legittimamente difeso.

Tale doglianza è stata giudicata fondata dalla Sezione lavoro della Corte di cassazione, alla luce dell'incontestata disposizione di cui al n. 15 dell'art. 42 del R.D. n. 148/1931, applicabile al personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione, norma che riporta, tra le condotte disciplinarmente illecite punite la sanzione conservativa della sospensione dal servizio gli “alterchi con vie di fatto, ingiurie verbali, disordini, risse o violenze sui treni, lungo le linee, nei locali dell'azienda o loro dipendenze”.

Giusta causa di licenziamento, valenza tipizzazione contenuta nei CCNL

Secondo il Collegio di legittimità - ordinanza n. 2518 del 27 gennaio 2023 - la decisione assunta dai giudici di secondo grado non risultava congruente con la scelta valoriale operata in questo caso dal legislatore (in altri settori dalle parti sociali, mediante le omologhe previsioni dei contratti collettivi), nel sanzionare condotte quali quella accertata.

Sul punto, è stata richiamata la giurisprudenza di Cassazione: anche se in tema di licenziamento per giusta causa non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice, tuttavia "la scala valoriale formulata dalle parti sociali deve costituire uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell'art. 2119 c.c."

Il datore di lavoro, quindi, non può irrogare un licenziamento disciplinare quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal CCNL in relazione ad una determinata infrazione.

Un determinato comportamento, invocato dal datore come giusta causa di recesso, qualora sia contemplato dal contratto collettivo come integrante una specifica infrazione disciplinare cui corrisponda una sanzione conservativa, non può formare oggetto di una autonoma e più grave valutazione da parte del giudice, "salvo che non si accerti che le parti non avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva".

Orbene, nel caso esaminato la Corte territoriale non aveva considerato che la nozione contenuta nella speciale normativa per gli autoferrotranvieri risultava di amplissima portata semantica e fenomenologica, a copertura di una vasta gamma di condotte, anche di significativa portata e di una certa violenza, prescindendo da elementi quali la provocazione o l’iniziale aggressione, e senza qualificazioni in termini di maggiore o minore gravità.

Alla luce di tale previsione, la qualificazione della condotta contestata in termini esterni alla previsione stessa, finiva col sostituire la scelta valoriale operata dalle parti sociali e la conseguente sussunzione dei fatti con "una diversa scelta e sussunzione operata in via pretoria, sulla base di parametri non ancorati a dati oggettivi".

Questo, in assenza di elementi che avrebbero potuto connotare la condotta di una maggiore gravità o di non proporzionalità, elementi, tuttavia, che nel caso di specie non risultavano sussistere.

Da qui la cassazione della sentenza d'appello con rinvio per un nuovo esame di merito, nell'ambito del quale la condotta condotta contestata, posta a base del licenziamento disciplinare, dovrà essere rivalutata tenendo conto delle specifiche previsioni di legge e dei principi appresso enunciati.

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