Alla proroga del contratto a chiamata non si applica la disciplina transitoria prevista dalla riforma “Fornero”

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Tizio è un giovane studente di anni 24 che viene assunto dall’impresa Alfa con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato e senza obbligo di disponibilità. Il contratto viene concluso antecedentemente all’entrata in vigore della L. n. 92/12. Il termine finale di durata del rapporto viene fissato al 30 ottobre 2012, al ricorrere del quale il contratto viene prorogato fino alla fine del mese di gennaio 2013. Il mese di dicembre 2012 Tizio compie 25 anni di età. Sempre nel mese di dicembre 2012 la ditta viene sottoposta ad accertamento da parte del personale ispettivo della DTL. In occasione della verifica il personale ispettivo ritiene che il raggiungimento da parte di Tizio di 25 anni in corso di esecuzione della proroga sia irrilevante ai fini della validità del contratto perché soggetto al regime transitorio previsto dall’art. 1 comma 22 della L.n. 92 cit.. È corretto l’operato degli ispettori?



Premessa

L’ampia utilizzazione del contratto intermittente fa emergere aspetti curiosi e variegati, tra i quali si segnala l’individuazione del regime normativo applicabile ai contratti c.d. a chiamata a tempo determinato conclusi antecedentemente all’entrata in vigore della L. n. 92/12 e con lavoratori che nella more abbiano superato i requisiti soggettivi di età novellati dall'art. 1 comma 22 della L. n. 92 cit. e il cui rapporto sia stato nel frattempo prorogato con termine finale di scadenza collocato prima del 19 luglio 2013.

Per inquadrare esattamente il problema occorre fare un passo indietro, in quanto si ritiene utile evidenziare due profili essenziali della riforma, il primo dei quali è stato già accennato nel caso pratico de "L'Ispezione del Lavoro", del 19 ottobre 2012, "Se il contratto intermittente è simulato, non si applica la sanzione per omessa comunicazione della chiamata" che riguarda i nuovi limiti soggettivi di età richiesti per la stipula di tale contratto di lavoro. Il secondo aspetto, che invece non è stato affrontato direttamente dagli scriventi, interessa il regime transitorio introdotto dall’art. 1 comma 22 della L. n. 92 cit., applicabile ai contratti job on call in essere alla data di entrata in vigore della riforma.

I nuovi limiti soggettivi del contratto intermittente


Quanto al primo aspetto si possono sinteticamente richiamare considerazioni già svolte, nel senso che il contratto intermittente può esse concluso solo con soggetti che abbiano compiuti 55 anni di età ovvero che non abbiano ancora raggiunto 24 anni di età. In quest’ultima eventualità va evidenziato che il contratto concluso nel rispetto dei requisiti soggettivi è comunque destinato ad esaurire la propria efficacia nel momento in cui il giovane raggiunga la soglia dei 25 anni di età. Di contro ove la prestazione venga di fatto svolta anche oltre tale soglia massima, il contratto è sottoposto alla disciplina della nullità parziale ex art. 1418 I comma c.c., con la conseguente conversione dello stesso e relativa riqualificazione del rapporto di lavoro.

Il regime transitorio ai contratti intermittente stipulati ante riforma


L’art. 1, comma 22, della L. n. 92 cit. ha dettato la disciplina transitoria per i contratti intermittente conclusi antecedentemente alla riforma. In linea con le istruzioni diramate dal Ministero del Lavoro con circolare n. 20 del 2012, si può affermare anzitutto che a decorrere dal 18 luglio 2012 non è più possibile stipulare contratti intermittenti che si trovino in contrasto con il nuovo assetto normativo.

Per quanto riguarda invece i contratti c.d. a chiamata già in essere alla data di entrata in vigore della riforma e che abbiano un contenuto incompatibile con il nuovo quadro normativa, ne è stata prevista l’ultrattività per ulteriori dodici mesi decorrenti dall’entrata in vigore della riforma, superati i quali tali contratti cessano di produrre efficacia. Ciò significa che l’esecuzione della prestazione di lavoro effettuata oltre il 18 luglio 2013, sulla base di un contratto intermittente non aderente alle regole normative fissate dalla L. n. 92 cit., genera un illecito per violazione di norma imperativa inderogabile e la condotta de qua è sanzionata con la conversione del contratto e del rapporto sottostante.

La circolare ministeriale tuttavia tace in merito al regime normativo applicabile nell’ipotesi di proroga del contratto intermittente a tempo determinato concluso antecedentemente all’entrata in vigore della riforma e con termine finale collocato entro l’arco temporale previsto dalla disciplina transitoria. In tale ipotesi occorre chiedersi se l’atto di proroga debba essere valutato, ai fini della sua validità ed efficacia, alla luce dei requisiti normativi introdotti dalla riforma, ovvero se costituisca un atto sfornito di propria autonomia che accede all'originario contratto operando semplicemente lo spostamento in avanti del termine finale di efficacia del rapporto, di modo che quest’ultimo si svolga senza soluzione di continuità.

La proroga del contratto intermittente


Nell’ambito lavoristico la proroga del rapporto di lavoro può definirsi l’atto negoziale mediante il quale datore di lavoro e lavoratore decidono consensualmente di modificare il termine di durata di un precedente contratto di lavoro
. La proroga pertanto presuppone che le parti siano vincolate da un rapporto di lavoro in corso di esecuzione e in prossimità di scadenza, la quale viene per l’appunto procrastinata tramite la conclusione di un accordo di proroga. In tale senso, quindi, l’istituto sottende una manifestazione di volontà delle parti resa antecedentemente alla conclusione del contratto da prorogare e avente chiara natura novativa, poiché incide sulla situazione giuridica preesistente modificando la durata del rapporto di lavoro in atto. Sotto il profilo degli adempimenti amministrativi il datore di lavoro è tenuto a comunicare, mediante UNILAV, l’avvenuta conclusione dell’accordo di proroga. Si tratta pertanto di un accordo che accede al contratto originario, ma che è dotato di propria autonomia e che quindi deve essere siglato in rispetto della legge vigente all’atto di conclusione del patto modificativo. Si consideri che la proroga, nella disciplina del lavoro a termine contenuta nell’art. 4 del D.lgs. n. 368/01 e succ. mod. e integr., è sottoposta a limiti rigorosi giacché, fuori dall’ipotesi di cui all’art. 1 comma 1 bis, la stessa è ammessa:

  1. con il consenso del lavoratore;

  2. quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 3 anni;

  3. per una sola volta;

  4. quando sussistano ragioni oggettive;

  5. per lo svolgimento della medesima attività lavorativa per la quale è stato stipulato il contratto a tempo determinato.

Vero è che secondo il Ministero del Lavoro il D.lgs. n. 368 cit. non è in alcun modo applicabile al contratto intermittente a termine e che pertanto quest’ultimo può essere reiteratamente, non solo rinnovato senza il rispetto dei periodi minimi di intervallo previsti dall’art. 5 comma 3 come modificati dalla L. n. 93 cit., ma anche prorogato in successione e senza limiti di contingentamento temporale. Ma è altrettanto vero che proprio la disciplina contenuta nell’art. 4 del D.lgs. n. 368 cit. costituisce una chiara conferma della necessità di considerare la proroga un accordo soggetto alla regolamentazione della legge vigente all’atto della sua conclusione.

Il caso concreto


Le argomentazioni sopra esposte forniscono i criteri per la soluzione del caso di specie.

Nei fatti risulta che Tizio, giovane studente di anni 24, è stato assunto antecedentemente all’entrata in vigore della L. n. 92 cit. dall’impresa Alfa con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato e senza obbligo di disponibilità. Il termine finale di durata del rapporto è stato fissato al 30 ottobre 2012. In prossimità della scadenza l’impresa Alfa e Tizio si sono accordati per prorogare il contratto fino alla fine del mese di gennaio 2013. La circostanza che il mese di dicembre 2012 Tizio abbia compiuto 25 anni di età e che pertanto abbia superato i limiti soggettivi per poter essere assunto con contratto intermittente lascia verosimilmente dedurre che la proroga del contratto intermittente originario sia stata conclusa dalle parti nella convinzione di poter fruire della disciplina transitoria prevista dalla riforma. Ciò troverebbe conferma anche dal fatto che il termine finale della proroga è stato fissato al mese di gennaio 2013 e quindi entro il periodo di dodici mesi di ultrattività previsto dall’art. 1 comma 22 della L. n. 92 cit. Tale aspetto, tuttavia, ha tratto in inganno il personale ispettivo della DTL che, nel verificare la posizione di Tizio, ha ritenuto legittimo e regolare il rapporto di lavoro di quest’ultimo e ciò sull’errato presupposto di considerare la proroga un atto privo di autonomo contenuto regolamentativo e mero atto di prolungamento del termine di efficacia del contratto intermittente, quale unica fonte di regolamentazione del rapporto di lavoro e come tale sottoposto alla disciplina transitoria contenuta nell’art. 1 comma 22 della L. n. 92 cit. perché concluso precedentemente al 18 luglio 2012.

In verità la circostanza che Tizio abbia compiuto 25 anni nel mese di dicembre 2012 e quindi durante la vigenza del regime previsto dall’art. 1 comma 22 della L. n. 92 cit. appare del tutto irrilevante e non legittimava le parti ad avvalersi della relativa disciplina transitoria.

La validità o meno dell’accordo di proroga, quale autonoma fonte integrativa del regolamento contenuto nell’originario contratto intermittente, deve essere valutata in base alla legge vigente all’atto di conclusione dell'accordo medesimo. E considerato che quest’ultimo patto è stato siglato successivamente all’entrata in vigore della L. n. 92 cit., quando Tizio aveva 24 anni, non può che concludersi nel senso dell’invalidità dell’accordo modificativo per assenza dei requisiti soggettivi in capo al lavoratore. Quanto alla sorte del contratto quest’ultimo è soggetto a conversione con la conseguente riqualificazione del rapporto secondo i criteri già previsti nel caso pratico de "L'Ispezione del Lavoro", del 19 ottobre 2012, "Se il contratto intermittente è simulato, non si applica la sanzione per omessa comunicazione della chiamata".

Sinteticamente, in applicazione del principio della conservazione del contratto ex art. 1367 c.c., l’accordo di proroga, ove redatto in forma orale, sarà considerato come un contratto a tempo determinato, sottoposto alla disciplina del D.lgs. n. 368 cit. Tale contratto essendo stato concluso senza forma scritta ad substantiam verrà pertanto convertito in contratto a tempo indeterminato.

Diversamente ove la proroga venga conclusa per iscritto il contratto si convertirà in ordinario contratto a tempo determinato. In quest’ultima ipotesi, ove si acceda all’interpretazione ministeriale fornita con circolare n. 18 del 2012, non sarà possibile applicare la deroga alla acausalità prevista dall’art. 1 comma 1 bis del D.lgs. n. 368 cit. attesa l’esistenza tra le medesime parti di un rapporto di lavoro subordinato scaturito dall’originario contratto intermittente.

Sicché il contratto a tempo determinato dovrà contenere necessariamente l’enunciazione delle causali oggettive, la cui verosimile mancanza ne comporterà l’ulteriore conversione in contratto a tempo indeterminato full-time, con la conseguente applicazione delle sanzioni amministrative.


NOTE

i L’art. 2 della L. n. 230/1962 oggi abrogata richiedeva invece la sussistenza di ragioni contingenti e imprevedibili. Cfr. in tale senso Cass. Civ. n. 19365/10.

ii Cfr. Ministero del Lavoro circolare . n. 4 del 2005 e risposta a interpello n. 72 del 12 ottobre 2009.

iii Per interpretazione diversa e più aderente al testo della norma cfr. caso pratico de "L'Ispezione del Lavoro", del 26 ottobre 2012, "Il primo contratto a termine acausale può essere stipulato anche se preceduto da un diverso rapporto di lavoro subordinato non a tempo determinato". Ove si ritenga di prestare adesione all’esegesi prospettata dagli scriventi non si pongono ostacoli all’applicazione dell’art. 1 comma 1 bis del D.Lgs. n. 368 cit..

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