Abuso del processo. Riforma Cartabia immediatamente applicabile

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Abuso del processo. Riforma Cartabia immediatamente applicabile

Il ricorso per Cassazione è dichiarato inammissibile e la decisione del Collegio è conforme alla proposta di definizione accelerata formulata ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ.?

Trova applicazione la previsione di cui all'art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., come testualmente previsto dal citato art. 380-bis, ultimo comma.

Proposta di definizione accelerata e decisione conformi? Parte soccombente sanzionata

La Suprema corte, ciò posto, definisce il giudizio in conformità alla proposta del Presidente della sezione e, nel pronunciarsi sulle spese:

  • può altresì condannare, anche d'ufficio, la parte soccombente al pagamento a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata;
  • condanna la medesima soccombente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000.

Tale novità normativa, introdotta dal D. Lgs. n. 149/2022, è immediatamente applicabile a seguito dell'adozione di una decisione conforme alla proposta, anche per i giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023.

E' quanto puntualizzato dalle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, con ordinanza n. 28550 del 13 ottobre 2023, nel cui testo ha fornito indicazioni anche per quel che concerne la disciplina intertemporale di applicazione, ai giudizi di cassazione, delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia per quel che concerne la responsabilità aggravata della parte soccombente per abuso del processo civile nel caso in cui la parte non si sia attenuta alla proposta di proposta di definizione accelerata del ricorso che poi trovi conferma nella decisione finale.

Riforma Cartabia, ipotesi codificata di abuso del processo

Si tratta - hanno spiegato gli Ermellini - di una novità normativa che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma) e di un'ulteriore somma di denaro non inferiore a 500 euro e non superiore ad 5mila euro (art. 96, quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione "altresì").

In tal modo, il Legislatore ha codificato un'ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale: non attenersi ad una valutazione del Presidente che poi trovi conferma nella decisione finale lascia certamente presumere una responsabilità aggravata.

Responsabilità aggravata. Da quando si applicano le novità?

Per quel che concerne, poi, la richiamata disciplina intertemporale, le SU hanno richiamato quanto dalle stesse già puntualizzato con ordinanza n. 27433/2023: la predetta normativa è immediatamente applicabile a seguito dell'adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023.

La norma di cui all'art. 380-bis cod. proc. civ., difatti, è destinata a trovare applicazione anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio (come, appunto, quello in esame)

Per la Corte, una diversa interpretazione, volta ad applicare la normativa di cui si discute ai giudizi iniziati in data successiva al 28 febbraio 2023, "finirebbe, a ben vedere, per depotenziare fortemente la funzione stessa della norma e contrastare con la sua ratio, che mira ad apprestare uno strumento di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l'individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare ipotesi di abuso del diritto di difesa".

Sarebbero in ogni caso assenti indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma.

Nel caso esaminato, in definitiva, parte soccombente è stata condannata al pagamento della somma di euro 5.000 (valutata equitativamente) in favore della controparte e di un'ulteriore somma di euro 2.500 in favore della Cassa delle ammende.

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