Vietato riportare i crediti non dedotti nella dichiarazione dell’anno successivo
Pubblicato il 22 luglio 2009
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Una società per azioni, che nella dichiarazione dei redditi del 1997 non aveva calcolato le ritenute di acconto sugli interessi accreditati dalla banca, cerca di rimediare all’errore, riportando l’eccedenza d’imposta nell’esercizio successivo. Il Fisco ha, però, disconosciuto il riporto nella dichiarazione successiva dell’anno 1998 delle ritenute precedentemente non calcolate. La società ha presentato ricorso sostenendo la tesi che si era trattato di un semplice errore materiale, considerato il fatto che si era verificato un semplice spostamento del periodo d’imposta, mentre lo scomputo delle ritenute spettava. La questione è stata oggetto di valutazione da parte della commissione regionale, che aveva condiviso la tesi dell’agenzia delle Entrate, e aveva sostenuto che l’omessa dichiarazione di quanto incassato configurava non un semplice errore materiale, ma celava un’ipotesi di evasione fiscale in relazione a quell’anno d’imposta, che non veniva superato neanche nel caso di un eventuale versamento nell’anno successivo di un importo superiore al dovuto. Il passo successivo è stato il ricorso in Cassazione, con il contribuente che lamentava il fatto che la Ctr aveva solo tenuto conto dell’autonomia del periodo d’imposta, non considerando anche il divieto di doppia imposizione che si era invece verificato.
Con sentenza n. 16023 depositata lo scorso 8 luglio, i Supremi giudici risolvono la questione enunciando il seguente principio di diritto: un contribuente, in tema di reddito d’impresa, non può utilizzare la compensazione per dedurre costi o, come nel caso di specie, l’ammontare di ritenute d’acconto in esercizi diversi da quello di competenza indicato ex lege. Dunque, non è in discussione la spettanza o meno del credito d’imposta vantato dalla società, ma il metodo utilizzato per recuperarlo. La via corretta sarebbe stata la richiesta di rimborso di quanto pagato in eccesso o la presentazione di una dichiarazione integrativa per correggere l’errore in cui si era incorsi. Non è, infatti, nella discrezionalità del contribuente la scelta del periodo d’imposta nel quale registrare le passività. Il rischio di doppia imposizione, invece, secondo la Corte può essere evitato con un’azione di restituzione da parte del contribuente del maggior importo corrisposto a titolo di imposta per non aver indicato le ritenute di acconto da operare sugli interessi accreditati dalla banca, nel periodo d’imposta di competenza.
Roberta Moscioni
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