Un’utenza elettrica non è sufficiente a disconoscere la residenza fittizia all’estero
Autore: Roberta Moscioni
Pubblicato il 08 agosto 2011
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La Ctp di Milano, con la sentenza n. 241/166/11, ha ritenuto che l’intestazione di un’utenza domestica non può essere considerata come una circostanza idonea a dimostrare la residenza in Italia di un cittadino regolarmente iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, invece che in un altro Stato.
La sentenza analizza un caso di accertamento spiccato dal Fisco nei confronti di un contribuente, che aveva però eccepito l’infondatezza dell’atto sostenendo che per l’anno in questione lo stesso risiedeva nel Principato di Monaco e che il compenso da lui percepito era stato regolarmente assoggettato a tassazione dal committente italiano, che aveva operato sullo stesso una ritenuta a titolo di imposta del 30%.
A proprio sostegno il cittadino aveva offerto al Fisco, oltre che la documentazione anagrafica che attestava la sua residenza nel Principato, l’iscrizione all’Aire e la ricevuta attestante la ritenuta a titolo d’imposta versata dal committente.
L’ufficio a sua volta opponeva a tale prova il fatto che il cittadino non si poteva considerare residente all’estero per lo stesso anno, dato che risultava intestatario di un contratto di utenza con tariffa uso residenti. Ma, tale prova non è stata ritenuta sufficiente dalla Ctp, che ha accolto il ricorso e annullato l’avviso di accertamento impugnato.
Si legge nella sentenza che l’intestazione dell’utenza “non configura elemento di per sé sufficiente per ricondurre in Italia le sede principale degli affari e degli interessi della ricorrente”.
- Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, p. 13 – L’utenza in Italia non prova la residenza estera fittizia – Carnimeo
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