Tutela della gravidanza nei luoghi di lavoro: scheda INAIL su misure di prevenzione e protezione della salute
Pubblicato il 21 giugno 2018
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L’INAIL ha recentemente pubblicato sul proprio portale una scheda relativa alla tutela della gravidanza nei luoghi di lavoro, sottolineando l’importanza della promozione delle iniziative di educazione alla salute della donna, con particolare riferimento ai fattori di rischio professionali, tenendo anche presente che negli anni il numero delle donne negli ambienti di lavoro è considerevolmente aumentato.
Oltre a tale informativa è utile riepilogare, allora, le misure di tutela per la maternità previste dal nostro ordinamento giuridico, non solo dal punto di vista della salute e sicurezza sul lavoro, ma anche contrattuale.
La tutela della maternità nella salute e sicurezza sul lavoro
Nella scheda qui esaminata, l’INAIL specifica che una volta acclarato lo stato di gravidanza di una dipendente, il datore di lavoro deve - in collaborazione con il medico competente, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), consultato il rappresentate dei lavoratori per la sicurezza (RLS) - identificare le mansioni/lavorazioni vietate per la gravidanza e/o l’allattamento e deve integrare il Documento di Valutazione dei Rischi con l’analisi e l’identificazione delle operazioni incompatibili indicando, per ognuna di tali mansioni a rischio, le misure di prevenzione e protezione che intende adottare nel caso di gravidanza, ovvero:
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modifica delle condizioni di lavoro e/o dell’orario di lavoro;
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spostamento delle lavoratrici ad altra mansione non a rischio.
NB! Qualora non sia possibile adottare modifiche organizzative tali da garantire lo svolgimento della prestazione di lavoro in sicurezza della gestante, il datore di lavoro dovrà fare richiesta di interdizione anticipata dal lavoro all’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente. |
La tutela della maternità in generale
Le misure di tutela delle lavoratrici madri sono stabilite innanzitutto nel Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, decreto legislativo del 26 marzo 2001, n. 151 (G.U. n. 96 del 26 aprile 2001), cui si aggiungono le disposizioni introdotte dal decreto legislativo del 15 giugno 2015, n. 80 (G.U. n. 144 del 24 giugno 2015) per facilitare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro dei genitori (tra cui i genitori adottivi e affidatari), ricomprendendo anche i lavoratori autonomi e parasubordinati ed attuando, quindi, un’universalizzazione delle tutele previste per la genitorialità.
NB! Il d. lgs. n. 80/2015 intende inoltre favorire le pratiche aziendali utili alla conciliazione o al telelavoro dei dipendenti da datori di lavoro privati, prevedendo benefici per la contrattazione collettiva di secondo livello che le istituiscano. Ancora sul punto, un’ulteriore novità in materia di congedi parentali è stata introdotta dal decreto legislativo del 15 giugno 2015, n. 81, circa la disciplina organica dei contratti di lavoro (G.U. n. 144 del 24 giugno 2015). Nello specifico, il decreto attribuisce ai lavoratori e alle lavoratrici la facoltà di chiedere, per una sola volta, in alternativa al congedo parentale, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto part-time, con il solo limite che la riduzione di orario non potrà essere superiore al 50%. |
Il congedo di maternità
Per congedo di maternità si intende l'astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice durante la gravidanza e nel periodo immediatamente successivo al parto, durante il quale la stessa percepisce un’indennità economica in sostituzione della retribuzione.
Tale diritto e la relativa indennità spettano anche in caso di adozione o affidamento di minori (nel caso in cui le madri non possano beneficiare del congedo di maternità, il diritto all’astensione dal lavoro ed alla relativa indennità spettano invece al padre: in questi casi, si parla di congedo di partenità).
In particolare, hanno diritto al congedo di maternità le seguenti categorie di lavoratrici subordinate e parasubordinate:
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le lavoratrici dipendenti assicurate all'Inps anche per la maternità;
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le lavoratrici (operaie, impiegate, dirigenti, apprendiste) aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo;
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le lavoratrici disoccupate o sospese nelle seguenti ipotesi:
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se tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e l’inizio del periodo di congedo di maternità non siano decorsi più di sessanta giorni;
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qualora il congedo di maternità abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del periodo di congedo stesso, disoccupata e in godimento dell'indennità di disoccupazione oppure in cassa integrazione;
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le lavoratrici a domicilio;
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le lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che abbiano maturato almeno 26 contributi settimanali nell'anno precedente l'inizio del congedo di maternità, oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l'inizio del congedo stesso;
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le lavoratrici agricole a tempo indeterminato e le lavoratrici agricole a tempo determinato che, nell’anno di inizio del congedo, siano iscritte negli elenchi nominativi annuali dei lavoratori agricoli per almeno 51 giornate di lavoro agricolo;
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le lavoratrici coinvolte in attività socialmente utili o di pubblica utilità;
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le lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS e non pensionate, tenute però a versare il contributo con l'aliquota maggiorata prevista dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità.
Così come disciplinato dalla normativa, la sospensione dell’attività lavorativa riguarda i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i 3 mesi successivi, oltre che, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, nei giorni compresi tra la data presunta e quella effettiva.
Si specifica, tuttavia, che le lavoratrici hanno anche la possibilità di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, ma in tale caso il medico specialista del Servizio sanitario nazionale (o con esso convenzionato) e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, attestano che tale opzione non pregiudichi la salute della gestante e del nascituro.
NB! La durata dell’astensione obbligatoria può essere prorogata fino a 7 mesi dopo il parto, quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della lavoratrice o quando la stessa sia adibita a lavori pericolosi o faticosi e non possa essere destinata ad altre mansioni. |
L’indennità di maternità
E' pagata direttamente dall'Inps, secondo la modalità scelta nella domanda, vale a dire:
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bonifico presso l'ufficio postale;
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accredito su conto corrente bancario o postale.
La domanda di maternità (o paternità)
Deve essere presentata all’Inps telematicamente, mediante una delle seguenti modalità:
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WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN dispositivo attraverso il portale dell’Istituto (www.inps.it - Servizi on line);
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Contact Center integrato – n. 803164 gratuito da rete fissa o n. 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico;
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Patronati, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.
La domanda telematica va inoltrata prima dell’inizio del congedo di maternità ed, in ogni caso, non oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile, pena la prescrizione del diritto all’indennità.
In proposito, si specifica che il certificato medico di gravidanza ed ogni altra certificazione medico sanitaria richiesta per l’erogazione delle prestazioni economiche di maternità/paternità dev’essere presentata in originale alla Struttura Inps competente, allo sportello oppure a mezzo raccomandata postale in busta chiusa.
Ulteriormente, sulla busta contenente la certificazione medico sanitaria è utile apporre:
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il numero di protocollo rilasciato dalla procedura di invio online;
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la dicitura "documentazione domanda di maternità/paternità – certificazione medico sanitaria" (ai fini della legge sulla privacy).
NB! La lavoratrice è tenuta a comunicare la data di nascita del figlio e le relative generalità entro 30 giorni dal parto, mediante una delle modalità telematiche sopra indicate. |
QUADRO NORMATIVO Decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 Decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 |
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