Truffe sul Superbonus: sequestrabili i crediti ceduti all'intermediario

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Truffe sul Superbonus: sequestrabili i crediti ceduti all'intermediario

Confermati, dalla Corte di cassazione, tre provvedimenti di sequestro disposti nell'ambito di indagini penali a carico di diversi soggetti per reati di truffa finalizzati a beneficiare indebitamente del cosiddetto Superbonus edilizio 110%.

L'inedito tema affrontato nelle tre sentenze della Terza sezione penale della Suprema corte - nn. 40866, 40867, 40869 del 28 ottobre 2022 - riguardava la sequestrabilità dei crediti di imposta ceduti in capo al terzo estraneo al reato, quale cessionario di tali crediti di secondo grado o acquistati direttamente dal soggetto cedente.

Legittimo il sequestro dei crediti ceduti del 110%

Il Collegio di legittimità, in primo luogo, ha precisato che i decreti di sequestro preventivo di specie, emessi ex art 321, comma 1, c.p.p., erano stati motivati dal pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente ad un reato potesse aggravare o protrarre le conseguenze di esso, oppure agevolare la commissione di altri reati.

Si trattava, dunque, di un sequestro impeditivo e non di tipo anticipatorio.

Sul punto, è stato richiamato il principio secondo cui il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto di provvedimento anche le cose di proprietà di un terzo, estraneo all'illecito e in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire un pericolo nei termini dell'art. 321 sopra richiamati.

Per quanto riguardava, poi, la natura della res sottoposta a vincolo in rapporto all'illecito contestato, gli Ermellini hanno evidenziato che tale questione esulava dall'esame della misura disposta dal GIP, atteso che il sequestro impeditivo richiede solo e più genericamente la prova di un legame pertinenziale tra la res e il reato, vale a dire un collegamento che può ricomprendere non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, prodotto o profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa.

Nelle vicende in esame, in particolare, la Corte di Piazza Cavour ha evidenziato che i crediti sequestrati dovevano essere considerati pertinenti al reato.

Andava escluso, in tale contesto, l'assunto sostenuto dalle banche ricorrenti, secondo cui, dopo la cessione operata da parte del beneficiario, il credito sorgerebbe in capo al cessionario a titolo originario, depurato da ogni vizio.

La Cassazione, in proposito, ha ritenuto necessario fornire alcuni chiarimenti, partendo dall'analisi della normativa di specie: l'art. 121 del Dl n. 34/2020 stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi, negli anni di riferimento, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

  • per il cd sconto in fattura, vale a dire un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato li interventi e d questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, a sua volta suscettibile di cessione;
  • per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi istituti di credito ed intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione o di essere portato in compensazione con debiti erariali.

Dalla lettura di tale disposizione, emerge con chiarezza che il meccanismo del Superbonus è stato costruito su percorsi alternativi, sebbene evidentemente legati nei presupposti e sostenuti dall'identica finalità di incentivare gli interventi indicati.

Non si riscontra, ciò posto, l’estinzione di un diritto alla detrazione (in capo al beneficiario) e la contestuale costituzione ex nihilo di un credito (in capo al cessionario), e nemmeno un fenomeno novativo di sorta.

Si ha solo l’evoluzione, non la sostituzione, del primo al secondo, "espediente tecnico necessario per consentire quella cessione a terzi ritenuta dal legislatore un fattore ulteriormente incentivante la procedura e, dunque, uno strumento ancora più utile per la ripresa economica del Paese, fiaccato dalla pandemia".

Nelle tre decisioni, in conclusione, la Suprema corte ha respinto i ricorsi proposti dagli intermediari finanziari, quale terzi interessati, confermando le misure cautelari del sequestro "impeditivo" sui crediti ceduti.

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