Transfer price “resistente”

Con la sentenza n. 11226 del 16 maggio 2007, di Cassazione è intervenuta in materia di transfer pricing con la conseguenza che sarà più difficile per l’Amministrazione finanziaria invertire l’onere della prova sul contribuente in caso di accertamento sui prezzi di trasferimento. Infatti, nella sentenza vengono respinti i rilievi del Fisco in base al fatto che le linee guida Ocse del 1995 fanno prevalere l’obbligo delle amministrazioni rispetto a quelle delle società, ovvero: l’onere della prova grava in ogni caso sull’Amministrazione che intenda operare la rettifica. Cioè, laddove la disciplina di ciascuna giurisdizione nazionale preveda che sia l’Amministrazione ad essere gravata dall’onere della prova, il contribuente non è tenuto a dimostrare la correttezza dei prezzi applicati, se non dopo che l'Amministrazione abbia provato il non rispetto del principio del valore normale. Nello specifico, la sentenza ha respinto due contestazioni mosse dal Fisco verso una società commerciale italiana di una nota multinazionale americana che riguardavano:

- l’una la contabilizzazione e la deduzione dei costi di acquisto di beni immobili con l’onere dei costi per riparazione e manutenzione in garanzia, che secondo la legge italiana sono a carico della società produttrice (imputazione di riduzione dell’imponibile a vantaggio di altre società del gruppo in Paesi a bassa fiscalità), ma che derivavano da un accordo di gruppo impartito dalla casa madre nel 1967;

- l’altra la contabilizzazione e la deduzione dei costi addebitati da una consociata per servizi apparentemente addebitati anche da un’altra società deputata alla prestazione di servizi centralizzati per il tramite del cost sharing agreement (imputazione della duplicazione dei costi), per la quale l'Amministrazione non ha fornito un'analisi sulla natura specifica dei servizi addebitati e della loro effettiva duplicazione.