Ticket a carico del datore anche nei licenziamenti disciplinari
Pubblicato il 08 novembre 2024
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Il pagamento del ticket di licenziamento è a carico del datore di lavoro anche nei casi di licenziamento disciplinare per giusta causa.
La normativa, infatti, prevede questo contributo per il solo fatto che il rapporto di lavoro sia cessato a seguito di recesso del datore, indipendentemente dalle motivazioni legate alla condotta del lavoratore.
Ticket di licenziamento e recesso per assenza ingiustificata
E' quanto puntualizzato dal Tribunale di Cremona, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 333 del 15 ottobre 2024.
Nella fattispecie, il datore di lavoro aveva richiesto di addebitare al lavoratore l’importo del ticket di licenziamento in ragione del comportamento scorretto e inadempiente che aveva portato al licenziamento.
Il recesso, in particolare, era stato irrogato a seguito di un'assenza ingiustificata di 13 giorni.
Il ticket di licenziamento
Il "ticket di licenziamento" - si rammenta - è un contributo obbligatorio che il datore di lavoro è tenuto a versare all'INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) ogni volta che termina un rapporto di lavoro subordinato in modo involontario per il lavoratore. Questo contributo, introdotto dalla Legge n. 92/2012 (nota anche come "Riforma Fornero"), si applica in caso di licenziamento per ragioni oggettive, come crisi aziendale o ristrutturazioni, e per ragioni disciplinari, inclusi i licenziamenti per giusta causa.
La decisione del giudice del lavoro
Il giudice del lavoro ha rigettato la richiesta del datore di lavoro, confermando che il ticket di licenziamento, introdotto dall’art. 2, comma 31 e seguenti della Legge n. 92/2012, è un obbligo che grava esclusivamente sul datore di lavoro, anche nelle ipotesi dei licenziamenti disciplinari.
La norma di riferimento, difatti, non fa distinzioni in base al motivo del licenziamento, attribuendo al datore di lavoro l’obbligo di sostenere il costo del contributo ogni volta che il rapporto si interrompe per decisione unilaterale dell’azienda, inclusi i casi di giusta causa.
La decisione del Tribunale si allinea con il principio normativo secondo cui il contributo di licenziamento serve a finanziare le misure di sostegno al reddito per i lavoratori disoccupati e non può essere trasferito al lavoratore, anche se quest’ultimo abbia tenuto una condotta inadempiente.
Tabella di sintesi della decisione
Sintesi del caso | Un lavoratore, licenziato per giusta causa a seguito di un’assenza ingiustificata di 13 giorni, ha ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) non corrisposto dal datore di lavoro. |
Questione dibattuta | Il datore di lavoro ha contestato l'obbligo di pagare il “ticket di licenziamento” imposto per legge e ha richiesto di addebitarlo al lavoratore, sostenendo che l'inadempienza di quest'ultimo giustificasse tale pretesa. |
Soluzione del Tribunale | Il Tribunale ha stabilito che il “ticket di licenziamento” deve essere sostenuto dal datore di lavoro anche nei casi di licenziamento per giusta causa. La normativa non consente di trasferire questo costo al lavoratore. |
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