Sugar tax: sì della Consulta all'imposta sulle bevande edulcorate

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Sugar tax: sì della Consulta all'imposta sulle bevande edulcorate

E' costituzionalmente legittima, per la Consulta, l’imposta sul consumo delle bevande analcoliche edulcorate, cosiddetta sugar tax.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 49 del 26 marzo 2024, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 661 a 676, della Legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

Si tratta della disposizione introduttiva, nel nostro ordinamento, dell’imposta sul consumo delle bevande delle bevande analcoliche edulcorate, ottenute cioè con l’aggiunta di sostanze edulcoranti, condizionate per la vendita.

Da rammentare che la predetta imposta - cosiddetta sugar tax - non è ancora applicata, a seguito delle reiterate proroghe che hanno riguardato il termine di decorrenza, ad oggi fissato per il 1° luglio 2024.

Sugar tax: la questione rimessa alla Consulta

Dal giudice rimettente, il dubbio sulla conformità della disposizione censurata al principio di eguaglianza tributaria, desumibile dal combinato disposto degli articoli 3 e 53 della Costituzione.

Questo, relativamente alla parte in cui la norma assoggetta ad imposta sul consumo i soli prodotti rientranti nelle voci NC 2009 e 2202 della nomenclatura combinata dell’Unione europea (vale a dire certe bevande analcoliche) ottenuti con l’aggiunta di edulcoranti, e non anche altri prodotti alimentari diversi dalle bevande, ma ugualmente contraddistinti dall’aggiunta degli stessi edulcoranti.

La nuova imposta, in altri termini, colpirebbe solo certe bevande analcoliche - tra le quali succhi di frutta, di ortaggi e legumi, non fermentati, senza aggiunta di alcol, addizionati di zuccheri o di altri dolcificanti; acque, comprese quelle minerali e gassate, con aggiunta di zucchero o di altri dolcificanti o di aromatizzanti - ma non anche prodotti alimentari diversi che contengono le medesime sostanze.

Secondo il Tar del Lazio, il diverso trattamento applicato a due fattispecie "omogenee" risulterebbe irragionevolmente discriminatorio, non trovando giustificazioni nel testo della legge e nemmeno nella relazione illustrativa della medesima.

Sugar tax legittima: nessuna violazione del principio di eguaglianza tributaria

La predetta questione è stata giudicata non fondata dalla Corte costituzionale.

La Consulta ha ricordato, in primo luogo, che il richiamato principio di eguaglianza tributaria impone che ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, debba essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione.

Ebbene, per quanto concerne l’imposta sul consumo delle bevande analcoliche edulcorate, essa rientra nel novero dei tributi indiretti sulla produzione e sul consumo di certi beni, contraddistinti da una prevalente finalità extrafiscale.

Finalità che, nella specie, è individuata nel contrasto di condotte, dei singoli e delle imprese, che incidono negativamente sulla salute.

La richiamata finalità - ha precisato la Corte - viene perseguita tramite il disincentivo della commercializzazione e del consumo di specifici prodotti ritenuti dannosi per la salute, il cui eccessivo utilizzo, peraltro, può generare anche un aggravio di spesa pubblica, connesso alla conseguente necessità di assicurare appropriate cure attraverso il Servizio sanitario nazionale (SSN).

Nella relazione illustrativa della legge di bilancio 2020, del resto, viene fatto esplicito riferimento all’intento del Legislatore di dare seguito all’invito dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), contenuto anche nel rapporto del 2015, a introdurre una specifica tassazione delle bevande analcoliche prodotte con l’aggiunta di sostanze dolcificanti di origine naturale o sintetica.

Il tutto, con l’obiettivo di limitare il consumo di tali prodotti e, conseguentemente, di contribuire alla riduzione dei tassi di sovrappeso e obesità, oltre che di carie e diabete, anche in virtù dei risultati, attestati dalla stessa OMS e da studi scientifici realizzati nei Paesi in cui la sugar tax viene applicata da tempo.

E' quindi ricordato, dalla Consulta, un ulteriore rapporto pubblicato dall’Ufficio europeo dell’OMS nel 2022, in cui si ribadisce la necessaria introduzione di una simile imposta anche nei Paesi europei che non l’hanno ancora prevista.

Introduzione imposta giustificata

Sulla base di questo invito e allineandosi a provvedimenti già adottati in altri ordinamenti, il Legislatore nazionale è intervenuto con la disciplina della sugar tax, oggetto di odierna censura.

Nel suo intervento - ha evidenziato la Corte - il Legislatore ha individuato con precisione le bevande edulcorate la cui cessione a opera del produttore nazionale o il cui ricevimento da altri Paesi dell’Ue da parte dell’acquirente nazionale o, ancora, la cui importazione definitiva nel territorio nazionale è colpita attraverso l’indicazione delle voci di nomenclatura combinata dell’Unione europea, per come universalmente utilizzate in ambito doganale, al fine di individuare insiemi di prodotti commercialmente uniformi e fungibili, corrispondenti, nella specie, a succhi di frutta o di ortaggi (NC 2009) e acque con aggiunta di zuccheri o di altri dolcificanti (NC 2202).

Parimenti, ha anche identificato la base imponibile corrispondente al quantitativo di bevanda immessa in commercio ai fini dell’esenzione dall’imposta.

Risulta palese, in tale contesto, che la giustificazione dell’introduzione della imposta discende dall'attitudine delle bevande analcoliche edulcorate a provocare diabete, obesità e altre patologie non trasmissibili.

Attitudine che è stata oggetto di specifica attestazione scientifica, per come sopra richiamata, attestazione da porre all’origine:

  • del presupposto dell’imposta, individuato nella cessione e/o immissione in commercio sul territorio nazionale delle bevande analcoliche edulcorate;
  • della base imponibile, individuata nel quantitativo di bevanda immessa in commercio per il consumo;
  • dei soggetti passivi della medesima imposta, individuati nei produttori (condizionatori o acquirenti o importatori) delle medesime bevande.

Per la Corte, in definitiva, tale giustificazione scientifica è di per sé sufficiente ad escludere la conclusione prospettata dal giudice rimettente, secondo cui la scelta del Legislatore sarebbe irragionevolmente discriminatoria. 

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