Sicurezza sul lavoro: responsabilità del datore anche in presenza di preposto
Pubblicato il 01 marzo 2022
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Confermata, dalla Cassazione, la condanna penale impartita ad un datore di lavoro per l'infortunio sul lavoro occorso ad un proprio dipendente mentre stava utilizzando un elevatore per traslochi dotato di cesta mobile.
L'imputato, legale rappresentante di una società cooperativa, era stato ritenuto responsabile per il reato di lesioni colpose, con violazione delle disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni.
All'amministratore era stato contestato di non avere adottato misure necessarie affinché le attrezzature fossero installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso, fossero sottoposte a idonea manutenzione e corredate da istruzioni di uso e libretto di manutenzione nonché, infine, utilizzate da personale adeguatamente formato, informato ed addestrato.
La Corte d'appello aveva riconosciuto il collegamento causale tra tali inosservanze - che non erano state escluse dalla ricorrenza di ulteriori ruoli prepositurali di garanzia, in assenza di una specifica delega di funzioni e in ragione degli obblighi organizzativi comunque riconducibili al datore di lavoro - e il sinistro occorso al lavoratore.
Datore responsabile in assenza di specifica delega di funzioni
La Suprema corte, con sentenza n. 5415 del 16 febbraio 2022, ha respinto le doglianza con cui l'imputato aveva impugnato la decisione di merito, per non avere, quest'ultima, escluso la propria penale responsabilità, quale datore di lavoro.
I relativi rilievi, tuttavia, sono stati giudicati infondati dalla Quarta sezione penale della Cassazione.
Non sussisteva alcun dubbio sul fatto che egli avesse rivestito, al momento dell'infortunio, la qualifica formale di datore di lavoro, quale legale rappresentante dell'azienda che aveva preso in noleggio la piattaforma elevatrice di specie.
Pertanto, erano primariamente rivolte al medesimo le disposizioni del TU sulla sicurezza del lavoro concernenti, in particolare, il rispetto delle modalità di impiego della predetta attrezzatura.
Era infatti lui il soggetto "che costituiva la massima espressione della rappresentanza e della operatività dell'azienda e al quale competeva l'obbligo primario di procedere alla valutazione dei rischi e a assicurare la sicurezza e l'adozione di misure di prevenzione sul luogo di lavoro e predisporre il conseguente documento di valutazione".
Obblighi di sicurezza trasferiti al preposto, condizioni
Il Collegio di legittimità, inoltre, ha ricordato che gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore possono essere trasferiti, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, ma ciò a condizione che il relativo atto di delega:
- riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale;
- sia espresso ed effettivo, non equivoco;
- investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza, dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa.
Nel caso in esame, invece, era mancato qualsiasi elemento da cui desumere la presenza di un ambito circoscritto, o ben definito, delle competenze trasferite e di un potere di spesa in capo al delegato.
Senza contare che non era stato conferito nessun formale atto di delega al soggetto indicato come preposto, il quale fungeva esclusivamente da caposquadra e, pertanto, era investito di una posizione di garanzia limitata a fornire prescrizioni in sede esecutiva e a vigilare sull'attività degli altri componenti, senza alcun obbligo in ordine alla formazione e all'addestramento del personale e alla verifica di conformità e di adeguatezza del macchinario impiegato e alla verifica della presenza del manuale di uso e di manutenzione.
Preposto di fatto? Datore non esonerato da responsabilità
Si verteva, semmai, "nello svolgimento di fatto di funzioni di preposto che, se del caso determinano non già un trasferimento di funzione, con esonero della responsabilità a favore del delegante ma semmai l'assunzione di una autonoma posizione di garanzia, che potrebbe essere chiamata a rispondere, in concorso con il datore di lavoro, sulla base del principio di effettività".
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