Sì a uso della PEC professionale anche per notifiche di atti estranei all'attività
Pubblicato il 29 gennaio 2025
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L'indirizzo PEC registrato nell'INI-PEC, anche se attivato per un'attività professionale specifica, può essere utilizzato per notifiche relative ad atti estranei a tale attività.
Per i soggetti obbligati per legge a possedere un indirizzo PEC (come i professionisti), la notifica si considera perfezionata con la ricevuta di avvenuta consegna, senza necessità di un domicilio digitale distinto per ogni atto.
E' quanto puntualizzato dalla Corte di cassazione, Prima Sezione civile, con ordinanza n. 1615 del 22 gennaio 2025 nel pronunciarsi con riguardo alla validità della notifica di un atto giudiziario effettuata mediante Posta Elettronica Certificata (PEC).
Notifica atto giudiziario all'indirizzo PEC professionale, validità
Il caso esaminato
Nella vicenda specifica, la Corte d'Appello aveva dichiarato l'estinzione di un giudizio, ritenendo nulla la notifica telematica di un atto di citazione per presunta irregolarità nella scelta dell’indirizzo PEC del destinatario.
La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto che la notificazione non fosse stata eseguita correttamente, in quanto l'atto era stato inviato a una persona fisica presso un indirizzo PEC che il notificante non aveva dimostrato essere inserito negli appositi elenchi.
La parte ricorrente aveva contestato la decisione della Corte d’Appello, sostenendo che la notificazione via PEC era stata effettuata in conformità alla normativa vigente. Aveva evidenziato che l’indirizzo PEC del destinatario era stato regolarmente estratto dall’elenco pubblico INIPEC, e che la legge non impone un ulteriore onere probatorio a carico del notificante per dimostrare la registrazione dell’indirizzo PEC nei pubblici elenchi.
Secondo la ricorrente, spettava piuttosto alla controparte l’onere di provare l’inesistenza dell’indirizzo nel registro ufficiale.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che la notificazione via PEC era da considerarsi valida.
Il principio fondamentale ribadito dalla Corte è che un indirizzo PEC risultante da un pubblico registro è idoneo a ricevere notificazioni giudiziarie, anche quando l’atto notificato non è direttamente collegato all’attività professionale per cui l’indirizzo è stato attivato.
A sostegno di questa affermazione, la Corte ha richiamato il quadro normativo di riferimento.
L’art. 3-bis della Legge n. 53/1994 stabilisce che la notificazione a mezzo PEC è valida se effettuata all’indirizzo risultante dai pubblici elenchi, senza la necessità di ulteriori verifiche da parte del notificante.
Inoltre, l’art. 16-ter del Decreto Legge n. 179/2012 introduce il concetto di domicilio digitale, imponendo che tutte le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari in materia civile siano eseguite presso un indirizzo PEC tratto da registri ufficiali.
In conformità a questa disciplina, la giurisprudenza di legittimità ha già chiarito che un indirizzo PEC attivato per un’attività professionale specifica può essere utilizzato per la notificazione di atti anche estranei a tale attività.
Il principio è stato condiviso dalla Cassazione.
Ribaditi i principi già enunciati dalla giurisprudenza
A seguito dell'istituzione del cd. "domicilio digitale" - ha ribadito la Corte - le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari, in materia civile, sono ritualmente eseguite presso un indirizzo di posta elettronica certificata estratto da uno dei registri ufficiali, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia e, quindi, indistintamente, dal registro denominato Ini-PEC e da quello denominato ReGIndE.
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