Se il procedimento fallimentare è complesso si dilata il termine di ragionevole durata

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La Corte di cassazione, con la sentenza n. 15671 depositata il 18 settembre 2012, ha confermato la decisione con cui i giudici dei gradi precedenti avevano risarcito in 8mila euro, mille euro per ogni anno, i danni morali subiti da un piccolo imprenditore in conseguenza del fallimento in cui era stato coinvolto e che, per la sua complessità, si era protratto per ben 17 anni.

I giudici di legittimità, in particolare, hanno ricordato come “la durata delle procedure fallimentari, secondo lo standard ricavabile dalle pronunce della corte europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, non dovrebbe superare la durata complessiva di sette anni ciò in quanto, tenendo conto della peculiarità del procedimento fallimentare, il termine di tre anni, che può ritenersi normale in procedura di media complessità, è stato ritenuto elevabile fino a sette anni allorquando il procedimento si presenti particolarmente complesso”; questa ipotesi – continua la Corte - è ravvisabile “in presenza di un numero particolarmente elevato dii creditori, di una particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare (partecipazioni societarie, beni indivisi, ecc.), della proliferazione di giudizi connessi alla procedura ma autonomi e quindi a loro volta di durata vincolata alla complessità del caso, della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti”. E nella specie, il termine di ragionevole durata, in considerazione dell’accertata e rilevante complessità del caso, è stato protratto addirittura fino a dieci anni.
Anche in
  • ItaliaOggi, p. 24 – Fallimenti tiratardi - Alberici

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