Salario minimo legale o contrattazione collettiva? Il parere dei consulenti del lavoro
Pubblicato il 14 luglio 2023
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Il salario minimo legale non risolve il livello troppo basso delle retribuzioni né lo sfruttamento dei lavoratori: a tale scopo appare più efficace lo strumento della contrattazione collettiva.
Questo il parere della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che, sulla base dei dati Inps e Cnel, ha elaborato il 13 luglio 2023 un Documento con cui viene presa una posizione netta sul vivace dibattito che da qualche tempo agita il mondo politico e sindacale.
Vediamone le argomentazioni a sostegno.
Salario minimo, il quadro europeo
La direttiva comunitaria 2022/2041 non prescrive ai Paesi membri l’introduzione di un salario minimo per legge, auspicando anzi proprio la diffusione della contrattazione quale sede privilegiata per garantire ai lavoratori condizioni minime per il conseguimento di una vita e di condizioni di lavoro dignitose.
Sempre proseguendo nell’analisi della Direttiva, la Fondazione rileva come solo qualora uno Stato sia al di sotto della quota del 80% dei lavoratori coperti da contrattazione collettiva, la stessa indichi che questo dovrà definire un piano di azione per promuovere la contrattazione e, in via subordinata, arrivare alla definizione di un salario minimo.
Contrattazione collettiva in Italia
In questo quadro, l’Italia presenta un tasso di copertura contrattuale superiore al livello minimo previsto dalla Direttiva in quanto, escludendo il settore agricolo e domestico, secondo il CNEL sarebbero circa 12,8 milioni i lavoratori dipendenti di aziende private coperti da contratti collettivi, per una incidenza sul totale degli occupati attorno al 96,5%.
L’analisi della Fondazione ha preso in rassegna 61 contratti collettivi più rappresentativi, individuando per ciascuno il minimo retributivo previsto per il livello di inquadramento più basso comprensivo nonché la quota di TFR, che costituisce una retribuzione differita.
Oltre la metà dei contratti analizzati è superiore alla soglia dei 9 euro, 39 sono al di sopra, 22 al di sotto.
Ne deriva che, a fronte di una necessaria ed improcrastinabile esigenza di adeguamento delle retribuzioni, l’introduzione di un salario minimo legale, anziché rappresentare la soluzione, comporterebbe alcune controindicazioni che indebolirebbero ancora di più i diritti conquistati dai lavoratori attraverso le lotte sindacali degli ultimi decenni.
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