Rete del lavoro agricolo di qualità e lotta al caporalato

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Rete del lavoro agricolo di qualità e lotta al caporalato

Ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 91/2014, convertito dalla Legge n. 116/2014, presso l’INPS è istituita la Rete del lavoro agricolo di qualità alla quale possono partecipare le imprese agricole di cui all'articolo 2135 c.c., purché in possesso dei seguenti requisiti:

  1. non avere riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale nonché in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;
  2. non essere stati destinatari, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative definitive per le violazioni di cui al precedente punto;
  3. essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi.

La cabina di regia

Alla Rete del lavoro agricolo di qualità sovraintende una cabina di regia composta da un rappresentante del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, dell'INPS e della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

La cabina di regia è presieduta dal rappresentante dell'INPS e vi fanno parte anche tre rappresentanti dei lavoratori subordinati e tre rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi dell'agricoltura, nominati con decreto del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, su designazione delle organizzazioni sindacali a carattere nazionale maggiormente rappresentative.

I compiti

La cabina di regia:

  1. delibera sulle istanze di partecipazione alla Rete del lavoro agricolo di qualità entro 30 giorni dalla presentazione;
  2. esclude dalla Rete le imprese agricole che perdono i requisiti richiesti per la partecipazione;
  3. redige e aggiorna l'elenco delle imprese agricole che partecipano alla Rete e ne cura la pubblicazione sul sito internet dell'INPS;
  4. formula proposte al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali in materia di lavoro e di legislazione sociale nel settore agricolo.

Le istanze

Per partecipare alla Rete del lavoro agricolo di qualità, a far data dall’1 settembre 2015, le imprese possono presentare le istanze di adesione tramite un apposito servizio telematico reso disponibile dall’INPS.

Alla procedura si accede attraverso il sito www.inps.it mediante il seguente percorso:

Servizi online _ Accedi ai servizi _ Per tipologia di utente _ Aziende, consulenti e professionisti _ Agricoltura: domanda di iscrizione alla rete del lavoro agricolo di qualità.

Le domande saranno esaminate dalla Cabina di regia e deliberate entro 30 gg. dalla data di presentazione.

In caso di esito positivo, le aziende selezionate entreranno a far parte della Rete e riceveranno il certificato che ne attesti la qualità.

I vantaggi per le imprese

Appartenere alla Rete del lavoro agricolo di qualità, significherà, in pratica, avere un bollino blu, che terrà, tra le altre cose, lontani gli ispettori.

Infatti, come espressamente previsto dal D.L. n. 91/2014, al fine di realizzare un più efficace utilizzo delle risorse ispettive disponibili, il Ministero del Lavoro e l'INPS, orienteranno l'attività di vigilanza nei confronti delle imprese non appartenenti alla Rete.

Restano, chiaramente, fuori, gli ordinari controlli in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e le richieste di intervento provenienti dai lavoratori, dalle organizzazioni sindacali, dall'Autorità giudiziaria o da autorità amministrative e fatti salvi i casi di imprese che abbiano procedimenti penali in corso per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, di contratti collettivi, di sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

L’impegno contro il caporalato

Il caporalato è un fenomeno presente nel nostro Paese da tempi immemorabili - soprattutto nei settori dell'agricoltura e dell’edilizia – accompagnato da sfruttamento di operai e braccianti agricoli, spesso legato a organizzazioni criminali che arrivano anche a ridurre in schiavitù i lavoratori, e non più relegato alla questione meridionale.

Recentemente molte sono le notizie di braccianti agricoli che hanno perso la vita sui campi e il caporalato è tornato sulla bocca di tutti.

Molteplici sono anche le iniziative di controlli sul campo da parte degli organi ispettivi e delle forze dell’ordine, ma si comincia a pensare che, probabilmente, se si vuole sconfiggere questo “cancro” occorre fare sul serio.

Per questo si inizia a parlare di necessità di affrontare la questione insieme con altri aspetti quali l’immigrazione e la confisca dei beni.

A tal proposito, con comunicato stampa del 27 agosto 2015, l’INPS ha annunciato che l’avvio della Rete del lavoro agricolo di qualità è una prima concreta iniziativa finalizzata allo sviluppo di azioni positive di contrasto al caporalato ed al lavoro nero in agricoltura.

L’iniziativa, infatti, si inquadra in uno specifico piano operativo che la Cabina di regia della Rete dovrà sviluppare entro la metà di settembre, come richiesto dai Ministri Martina e Poletti nel corso dell’incontro tenutosi presso il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per avviare un insieme coordinato ed efficace di azioni di contrasto al caporalato e alle altre forme di lavoro irregolare.

Il reato di caporalato

Si ritiene, tuttavia, utile ricordare che già nel 2011 il Legislatore ha dato una grossa scossa al caporalato prevedendo un apposito reato nel nostro codice penale: l’art. 603-bis relativo a "Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro".

Nel caso di specie, la condotta incriminata è lo svolgimento di un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, e lo sfruttamento è penalmente rilevante solo quando è frutto di violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori.

La pena è della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.

Da tener presente, tuttavia, che costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze:

  1. la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
  2. la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
  3. la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale;
  4. la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.

La pena è aumentata da un terzo alla metà:

  1. se il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
  2. se uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
  3. se è stato commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.

Pene accessorie sono previste dell’art. 603-ter e precisamente:

  • interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la Pubblica Amministrazione e relativi subcontratti;
  • esclusione per un periodo di due anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, nonché dell'Unione Europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento. L'esclusione, in alcuni specifici casi, è aumentata a cinque anni.

Inoltre, poiché l’art. 603-bis prevede una clausola di salvaguardia, in alcuni casi più gravi di sfruttamento, potrebbe essere ravvisabile anche il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù.

Si evidenzia, in conclusione che, in questi giorni, è stato presentato un nuovo pacchetto di misure per la lotta al caporalato che prevede, tra le altre cose, la confisca estesa o allargata e la responsabilità in solido di “caporali” ed imprese, per lo sfruttamento illecito della manodopera agricola.

                                                                     Quadro delle norme

Articoli 603-bis e 603-ter c.p.

D.L. n. 91/2014, convertito dalla Legge n. 116/2014

INPS, comunicato stampa del 27 agosto 2015

 

Allegati

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