Relazioni diverse tra scudo fiscale e accertamento a seconda che il bene sia già stato acquistato
Pubblicato il 07 ottobre 2009
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E’ noto a tutti che l’adesione alla scudo fiscale preclude gli accertamenti su quegli imponibili che risultano riferibili alle somme o alle attività oggetto di regolarizzazione e di rimpatrio. La tutela non deve essere, però, considerata come un condono generalizzato per tutti i tipi di accertamenti. In riferimento al redditometro o all’accertamento sintetico, la copertura riguarda solo quelle forme di manifestazione contributiva che si realizzano dopo l’emersione. È il caso, per esempio, delle somme detenute all’estero che vengono rimpatriate tramite la sanatoria e poi utilizzate per acquistare autovetture/immobili o altri beni significativi ai fini del redditometro. Quindi, se il contribuente dimostra di aver utilizzato per l’acquisto di determinati beni il denaro oggetto del rimpatrio, su di essi non si potranno applicare gli indici stabiliti dai decreti ministeriali per verificare la congruità del tenore di vita del contribuente rispetto ai redditi dichiarati. Tali beni vengono, cioè, come sterilizzati.
Il discorso non vale per i beni che sono stati acquistati prima dello scudo fiscale. Dato che sia il redditometro che l’accertamento sintetico muovono dalla spesa per la determinazione del reddito e non da dove origina la ricchezza, è difficile, nel caso si abbia la prova della spesa, dimostrare in un secondo momento che essa sia stata sostenuta con denaro finora detenuto all’estero. Cioè, manca la correlazione tra l’emersione e la spesa realizzata. In tal caso, lo scudo fiscale non mette al riparo da eventuali azioni di accertamento, a meno che non si tratti di beni acquistati con finanziamenti garantiti da attività detenute all’estero e poi rimpatriate con la sanatoria.
Poi, si deve considerare l'ipotesi di beni detenuti all’estero che vengono resi oggetto dell’emersione e quindi regolarizzati. È il caso dell’accertamento su beni oggetto dell’emersione. Dopo la regolarizzazione, scatta la previsione di legge contenuta nell’articolo 13-bis del Dl 78/2009, secondo cui una volta regolarizzati i beni detenuti all’estero, non possono essere utilizzati a sfavore del contribuente. Essi, cioè, non rilevano ai fini delle metodologie accertative sia per il futuro che per il passato.
Riguardo alla possibilità delle società Cfc di avvalersi dello scudo fiscale, si rinvia al nuovo dettato dell’articolo 167 del Testo unico, così come modificato dal Dl 78/2009. La nuova disciplina estende la possibilità di contrasto all’utilizzo delle Cfc alle ipotesi in cui i soggetti controllati sono localizzati in Stati o territori non black list, se ricorrono due condizioni:
- sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti se localizzati in Italia;
- hanno ottenuto proventi che sono derivati per più del 50% dalla gestione, detenzione o investimento di attività o servizi con soggetti appartenenti allo stesso gruppo.
- Il Sole 24 Ore, p. 31 – Per le “Cfc” fuori black list decisione appesa a un filo – Piazza
- ItaliaOggi, p. 32 – Immobili all’estero in bilico tra rimpatrio e regolarizzazione – Liburdi
- ItaliaOggi, p. 32 – Fisco, redditometro inflazionato – Tozzi
- Il Sole 24 Ore, p. 31 – Redditometro coperto per gli anni post-scudo – Deotto e Rizzardi
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