Regime forfettario, dal Fisco nuovi chiarimenti

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Regime forfettario, dal Fisco nuovi chiarimenti

Nessuna tregua per i contribuenti forfettari. Tornato di attualità per effetto della campagna elettorale, il regime agevolato è stato oggetto in questi anni di numerosi interventi normativi e di prassi che ne hanno corretto il tiro. Restano, tuttavia, ancora diversi punti oscuri ai quali la prassi dell’Agenzia delle Entrate cerca costantemente di fornire risposta. In particolare, con due recenti interpelli è stato chiarito, da una parte, che l'importo del bollo addebitato in fattura al cliente assuma la natura di ricavo o compenso e concorre alla determinazione forfettaria del reddito soggetto ad imposta sostitutiva e, dall’altro, il comportamento da adottare nel caso il contribuente detenga partecipazioni in una società di persone fallita.

Regime forfettario e imposta di bollo

Con la risposta all’interpello n. 428/E dello scorso 12 agosto, l’Agenzia delle Entrate aggiunge un ulteriore tassello alle regole da applicare ai forfettari. Trattasi, in realtà, di una questione da tempo all’attenzione degli operatori la cui frettolosa risoluzione potrebbe, però, portare non poche problematiche. Dalla lettura del documento di prassi si evince che l’Agenzia delle Entrate ricorda - in via preliminare - alcuni aspetti cardine del regime agevolato.

In primis le semplificazioni sul fronte Iva: in base al comma 58 dell’articolo 1, della L.190/2014 i contribuenti in regime forfetario non addebitano l'Iva in rivalsa né esercitano il diritto alla detrazione dell'imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni. Le fatture emesse non devono, pertanto, recare l'addebito dell'imposta (sul punto anche la circolare n. 9/E/2019, par. 4.1) e sono soggette all'imposta di bollo sin dall'origine, ossia al momento della loro formazione.

Al riguardo, si osserva che l'articolo 1 del D.P.R. n. 642/1972 dispone che sono soggetti all'imposta di bollo gli atti, i documenti e i registri indicati nell'annessa tariffa. In particolare, l'articolo 13, comma 1 della Tariffa, parte prima assoggetta fin dall'origine alla predetta imposta, tra gli altri documenti, anche le fatture, quando la somma indicata è superiore a 77,47 euro e non è soggetta ad Iva.

In merito alla tassazione, invece, si ricorda che chi applica il regime forfetario determina «il reddito imponibile applicando all'ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività nella misura indicata nell'allegato n. 4 annesso alla presente legge, diversificata a seconda del codice ATECO che contraddistingue l'attività esercitata». Come precisato con la circolare n. 9/E/2019, le spese sostenute nello svolgimento dell'attività di impresa, arte o professione rilevano in base alla percentuale di redditività attribuita, in via presuntiva, all'attività effettivamente esercitata. Ciò premesso, la questione sottoposta all’attenzione del Fisco riguarda l'inclusione tra i ricavi o compensi dell'importo dell'imposta di bollo addebitato in fattura dall'emittente e la sua conseguente imponibilità fiscale ai fini della determinazione del reddito nell'ambito del regime forfetario.

Con riguardo all'individuazione dei soggetti obbligati al pagamento dell'imposta di bollo, l'articolo 22 del D.P.R. n. 642/1972 stabilisce la “solidarietà” nel debito relativo da parte dell'emittente la fattura e del committente. Tuttavia, come chiarito nella risposta n. 67/E del 2020, l'obbligo di apporre il contrassegno sulle fatture o sulle ricevute è a carico del soggetto che consegna o spedisce il documento, in quanto per tali tipo di atti l'imposta di bollo è dovuta fin dall'origine, ossia dal momento della formazione.

Così, fermo restando che l'obbligo di corrispondere la predetta imposta di bollo è in via principale a carico del prestatore d'opera, quest'ultimo potrebbe chiedere al cliente il rimborso dell'imposta. In tale eventualità – precisa l’Agenzia - il riaddebito al cliente dell'imposta di bollo, essendo il professionista il soggetto passivo, è parte  integrante del suo compenso, con la conseguenza che risulta assimilato ai ricavi e concorre al calcolo volto alla determinazione forfetaria del reddito. In linea con detta assimilazione la risposta fornita al quesito formulato nel paragrafo 3.3 della circolare n. 5/E/2021, che ha esteso ai forfetari alcune considerazioni valide per i soggetti titolari di contributi a fondo perduto nell'ambito dell'emergenza sanitaria. In particolare, l'Amministrazione ha chiarito che assumono rilevanza, ai fini del calcolo dell'ammontare dei ricavi, anche le spese addebitate al cliente da parte dei professionisti per l'imposta di bollo.

In conclusione, per il Fisco l'importo del bollo addebitato in fattura al cliente assume la natura di ricavo o compenso e concorre alla determinazione forfettaria del reddito soggetto ad imposta sostitutiva.  

Alla luce delle suddette affermazioni è chiaro che l’Agenzia sottovaluta la portata dell’orientamento fornito, specie in termini di riflessi reddituali e previdenziali. Infatti, se il riaddebito del bollo deve essere considerato annoverabile tra i ricavi/ compensi allora gli stessi vanno ad incrementare gli importi di cui tener conto ai fini reddituali e potrebbero anche risultare “determinanti” nel caso in cui il contribuente si trovi a superare il limite dei 65.000 euro previsti per la permanenza nel regime. Va detto che nella maggior parte dei casi si ritiene poco conveniente una rettifica delle dichiarazioni delle annualità precedenti vista l’esiguità dell’importo ed il fatto che il chiarimento è sopraggiunto successivamente la presentazione delle dichiarazioni fiscali.

Altro aspetto degno di nota concerne i riflessi sul piano previdenziale: la qualifica di ricavo/compenso del bollo lascia presupporre che lo stesso costituisca anche base di calcolo per l’eventuale rivalsa INPS Gestione Separata, oltre che per l’obbligatorio addebito del contributo integrativo da parte dei professionisti iscritti alle Casse di Previdenza. Inoltre, stando a detta interpretazione, non appare corretta nemmeno l’indicazione in fattura quale anticipazione ex art. 15 del DPR 633/1972 in quanto il bollo – per effetto della nuova interpretazione - dovrebbe essere trattato quale ulteriore riga di dettaglio dei ricavi/compensi. Complicazioni in arrivo anche sul fronte della Certificazione Unica: la quota riferibile al bollo non dovrebbe essere riportata quale “anticipazione” ma concorrere ai compensi.

Detto ciò è chiaro che sulle diverse implicazioni delle affermazioni dell’Agenzia attendiamo ulteriori chiarimenti.

Detenzione di partecipazione in società di persone fallita

Con la risposta all’interpello n. 422/E dello scorso 12 agosto, l’Agenzia delle Entrate fornisce ulteriori chiarimenti in merito alla possibilità di accedere al regime agevolato da parte di un contribuente in possesso di una quota di partecipazione del 15% in una società in accomandita semplice dichiarata fallita.

In base alla norma di cui all’articolo 1, comma 57, lett. d)  della L. 190/2014, non possono avvalersi del regime forfetario «gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all'articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni».   

In particolare, con riferimento alla prima “causa ostativa” di cui alla suddetta lettera d), nella circolare 9/E/2019 è stato precisato che:

  • costituisce causa ostativa l'esercizio di “società di fatto” che svolgono un'attività commerciale in quanto equiparate alle società in nome collettivo e il possesso di partecipazioni a titolo di nuda proprietà, non essendo lo stesso escluso dalla disposizione in commento e non risultando in contrasto con la ratio legis;
  • non costituisce causa ostativa la partecipazione in società semplici, tranne nei casi in cui le stesse producano redditi di lavoro autonomo o, in fatto, d'impresa.

Condizioni ostative – regole generali

Non possono applicare il regime forfettario:

  • le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali Iva o di regimi forfettari di determinazione del reddito d'impresa o di lavoro autonomo;
  •  i soggetti non residenti eccetto quelli residenti in Stati UE/SEE che producono nel territorio italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto (c.d. contribuenti Schumacker);
  •  i soggetti che - in via esclusiva o prevalente - effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, comma 1, numero 8), D.P.R. 633/1972 o di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, D.L. 331/1993;
  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che, unitamente all’attività:

               - hanno una partecipazione in società di persone, associazioni o imprese familiari;

               - hanno il controllo, diretto o indiretto, di società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte da esercenti attività d'impresa, arti o professioni;

  • i soggetti che esercitano l'attività prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in essere o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta o nei confronti di soggetti agli stessi direttamente o indirettamente riconducibili, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
  • i soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del Tuir, eccedenti l'importo di euro 30.000. La verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.

Ciò premesso, l'istante, socio accomandante di una S.a.s. dichiarata fallita nell'anno 2022, chiede se il possesso di tale partecipazione costituisca causa ostativa all'accesso al regime agevolato.

In generale, ricorda l’Agenzia, l'apertura del fallimento comporta che il soggetto fallito venga privato dell'amministrazione e della disponibilità dei beni esistenti alla data di apertura della procedura e quelli che pervengono durante la stessa. Con l'apertura della procedura, infatti, subentra la figura del “curatore” che è l'organo del fallimento a cui è demandato il compito di gestire la procedura e di amministrare il patrimonio del soggetto fallito al fine di liquidarlo e di dare soddisfazione alle ragioni dei creditori ammessi al passivo mediante il pagamento dei loro crediti. Con la dichiarazione di fallimento, l'attività d'impresa si arresta e i beni aziendali sono destinati ad essere liquidati per soddisfare i creditori.   

Tuttavia, ai sensi dell'articolo 104 del R.D. n. 267/1942, è possibile una continuazione, ancorché provvisoria, dell'attività d'impresa, quando ciò sia funzionale ad una migliore liquidazione del complesso aziendale. Detta “continuazione” è possibile contestualmente alla dichiarazione di fallimento, qualora dall'interruzione possa derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizio ai creditori, ovvero in una fase successiva, su impulso del comitato dei creditori che si sia espresso favorevolmente.

Con riguardo al periodo d'imposta del fallimento, esso è costituito da un “unico periodo” pari all'intera durata del procedimento, anche se vi è stato esercizio provvisorio dell'impresa.

Ai sensi dell'articolo 183, commi 2 e 3 del Tuir, il reddito del fallimento si determina come differenza tra il residuo attivo eventualmente risultante al termine della procedura concorsuale e il patrimonio netto all'inizio della procedura. Il trattamento fiscale del reddito prodottosi durante la procedura, secondo la circolare 42/E/2004, dipende dalle cause di chiusura del fallimento. Se la procedura concorsuale si chiude per integrale pagamento dei creditori, il soggetto fallito riassume nel suo patrimonio i beni del residuo attivo. In tal caso, se il fallito decide di cessare l'attività con una ripartizione del residuo attivo, quest'ultimo sarà oggetto di tassazione in capo ai soci. In particolare, per le società di persone, le somme ricevute, per la parte che eccede il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, costituiscono redditi di partecipazione assoggettabili a tassazione separata se il periodo intercorso tra la costituzione della società e l'inizio della procedura concorsuale è superiore a 5 anni.

Da quanto sopra, emerge che la dichiarazione di fallimento di una società di persone non esclude la possibile percezione di un reddito di partecipazione in capo al socio, essendo possibile, nel corso della procedura, l'esercizio provvisorio dell'impresa o, dopo la chiusura del fallimento per soddisfacimento integrale dei creditori, a seguito di cessazione dell'attività con conseguente ripartizione del residuo attivo.

In sintesi, quindi, il socio che detiene una quota partecipativa in una società fallita non può accedere al regime forfettario, indipendentemente dal fatto che tale società sia inattiva.

E-fattura e moratoria delle sanzioni

Ultimi giorni per la “moratoria” delle sanzioni, ossia l’applicazione di un periodo di immunità per i contribuenti forfettari attratti dal nuovo obbligo e-fattura.  In base all’articolo 18, comma 3 del D.L. 36/2022, per il terzo trimestre del periodo d’imposta 2022 (ossia dall’1.7 al 30.9.2022), non sono colpiti dalle sanzioni di cui all’articolo 6, comma 2 del D.Lgs. n. 471/1997 i contribuenti forfettari per i quali l’obbligo di e-fattura è operativo a partire dal 1° luglio 2022, sempreché la fattura elettronica sia stata emessa entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Il momento di effettuazione dell’operazione, lo si ricorda, coincide con la consegna o spedizione del bene o con l’incasso del corrispettivo nel caso l’operazione consista in una prestazione di servizi (articolo 6 del D.P.R. 633/1972).

Così, ad esempio, se un contribuente forfettario soggetto all’obbligo di fatturazione elettronica consegna il bene o incassa il pagamento in data 1° luglio 2022:

  • la fattura elettronica dovrebbe essere emessa entro 12 giorni (ovvero entro il 13 luglio 2022);
  • la moratoria ne consente l’emissione entro il 31 agosto (mese successivo a effettuazione dell’operazione) senza incorrere in sanzioni. Per i ritardatari (oltre il 31 agosto), invece, scatta l’applicazione delle sanzioni.

Nel caso, invece, di operazioni effettuate nel mese di agosto, il termine ultimo per l’emissione della fattura sarà il 30 settembre.

Attenzione che dal 1° ottobre la moratoria viene meno e le fatture dovranno essere trasmesse, da tale data, entro i termini ordinari ossia entro i 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione.

Data effettuazione operazione

Termine emissione e-fattura

Luglio 2022

31 agosto 2022

Agosto 2022

30 settembre 2022

Settembre 2022

31 ottobre 2022

Ottobre 2022

12° giorno da effettuazione operazione

Un dubbio ancora irrisolto concerne l’estensione della “moratoria” ai soggetti che hanno esercitato l’opzione di cui agli articoli 1 e 2, Legge n. 398/1991 in quanto anch’essi soggetti al nuovo obbligo e-fattura (con applicazione dell’Iva in caso di attività commerciali), ma tenuti fuori dalla “moratoria” in virtù del richiamo della noma alla disposizione sanzionatoria di cui all’articolo 6, comma 2 del D.Lgs. 471/1997.

Pur ritenendo che trattasi di una svista del legislatore, se non viene posto rimedio in sede normativa occorrerà comprendere come detta moratoria possa essere estesa anche a detti soggetti.

La sanzione

La mancata emissione delle fatture nei termini su indicati comporta l’applicazione della sanzione amministrativa di cui all’articolo 6, comma 2 del D.Lgs. 471/1997 secondo cui: “Il cedente o prestatore che viola obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni non imponibili, esenti, non soggette a imposta sul valore aggiunto o soggette all'inversione contabile … è punito con sanzione amministrativa compresa tra il cinque ed il dieci per cento dei corrispettivi non documentati o non registrati. Tuttavia, quando la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito si applica la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000 “. Anche in sede di applicazione della suddetta sanzione resta ferma la possibilità di ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso e, in tal modo, ridurre la sanzione applicabile in funzione del tempo entro cui la violazione viene sanata.

Dal 1° luglio obbligo di e-fattura

Un ultimo appunto concerne l’obbligo, a far data dal 1° luglio 2022, di emissione dell’e-fattura. Per effetto dell’articolo 18 del D.L. n. 36/2022, l’obbligo di fatturazione elettronica riguarda:

  • i soggetti passivi rientranti nel regime di vantaggio di cui all'art. 27, commi 1 e 2, D.L. n. 98/2011;
  • i soggetti passivi rientranti nel regime forfettario di cui all'articolo 1, co. da 54 a 89, della Legge 190/2014;
  • i soggetti passivi che hanno esercitato l’opzione di cui agli artt. 1 e 2, Legge n. 398/1991;

che “nell'anno precedente abbiano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a euro 25.000, e a partire dal 1° gennaio 2024 per i restanti soggetti”.

Pertanto, rientrano nel nuovo obbligo solo i contribuenti che “nell’anno precedente” hanno conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, “superiori” a 25.000 euro. Per i restanti soggetti, invece, vale a dire quelli con ricavi o compensi non superiori a 25.000 euro, ragguagliati ad anno, l’obbligo di e-fattura è previsto, senza alcun esonero, a partire dal 1° gennaio 2024.

La norma, nella sua attuale formulazione, non spicca certo per chiarezza. In particolare, non è chiaro se il riferimento all'anno “precedente” abbia una valenza generale oppure sia agganciata al solo anno 2021. In quest’ultimo caso, infatti, a partire dal 1° luglio, è tenuto all’e-fattura solo il contribuente che ha conseguito ricavi e percepito compensi dell’anno 2021, ragguagliati ad anno, superiori a 25.000 euro; diversamente l’obbligo parte dal 01/01/2024, lasciando così un buco per l’annualità 2023. In caso di attività iniziata nel corso del 2022, per lo stesso anno, si potrà procedere con fattura cartacea in quanto non vi è un anno precedente di verifica. Resta fermo che dal 1° gennaio 2024, tutti i contribuenti saranno tenuti all’e-fattura, senza distinzioni. Nel diverso caso in cui il contribuente, nell’anno precedente, abbia adottato un diverso regime contabile (ordinario o semplificato), riprendendo i chiarimenti delle circolari 10/E/2016 e 9/E/2019, ai fini della verifica del limite dei 25.000 euro occorre tener conto, rispettivamente, dei ricavi conseguiti applicando il principio di competenza, nel caso di contabilità ordinaria, ovvero del regime di cassa nel caso in cui  il contribuente abbia applicato il regime semplificato di cui al comma 1 dell’articolo 18 del DPR n. 600/73.

Per quanto riguarda, poi, la compilazione del file fattura, si dovrà avere cura di indicare il relativo codice che:

  • per i soggetti in regime forfettario, è “RF19”
  • per i soggetti in regime di vantaggio, è “RF02”.

Il tipo fattura potrà essere il TD01 (fattura) o TD06 (parcella). In generale, poi, per la corretta emissione della fattura occorre utilizzare il codice natura «N2.2 – Operazioni non soggette – altri casi». Nel corso di Telefisco del 15/06/2022, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che “.. per la corretta compilazione delle fatture elettroniche da parte degli operatori in regime forfettario, nel file Xml va indicato il codice RF19 nel campo 1.2.1.8 <RegimeFiscale> e il codice natura N2.2 nel campo 2.1.1.7.7 <Natura>.”.  Per le operazioni con un committente estero, invece, si dovrà utilizzare il codice «N2.1 – Operazioni non soggette ad Iva ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del Dpr 633/72» oltre che la dicitura «inversione contabile» (ovvero «operazione non soggetta» in caso di committente extra-Ue), come richiede l’art. 21 comma 6-bis lett. a) e b) del DPR 633/72. A partire dal 1° luglio 2022 il nuovo “esterometro” è operativo anche per i contribuenti forfettari obbligati, per effetto delle nuove disposizioni, all’utilizzo della fatturazione elettronica.

Per quanto concerne l’imposta di bollo, se dovuta, l’assolvimento sulle fatture elettroniche è reso noto all’Agenzia delle Entrate compilando la sezione «Dati Bollo»:

  • valorizzando «SI» nel campo «Bollo Virtuale»;
  • inserendo l’importo nel campo «Importo Bollo».

Il versamento dell’imposta di bollo dovrà essere effettuato in modalità telematica secondo il D.M. 17 giugno 2014 con cadenza trimestrale. Prendendo l’esempio del contribuente forfettario soggetto all’obbligo di fatturazione elettronica dal 1° luglio 2022, per le fatture emesse nel terzo trimestre 2022, la relativa imposta di bollo dovrà essere versata entro il 30 novembre 2022 (con codice tributo 2523). Al riguardo, nel corso di Telefisco è stato, altresì, confermato “.. che il servizio esposto nel portale Fatture e Corrispettivi denominato «Pagamento imposta di bollo» esporrà – anche per i soggetti forfettari – l’elenco (elenco A) delle fatture nelle quali l’operatore ha indicato l’assoggettamento a bollo (2.1.1.6.1 <BolloVirtuale>) nonché l’elenco (elenco B) delle fatture che, pur non contenendo l’indicazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo, rispondono ai criteri individuati come requisiti che presumono l’obbligo del pagamento del bollo.”

Si osserva che, per effetto delle novità apportate in sede di conversione del decreto cd. “Semplificazioni fiscali” - a decorrere dal 1° gennaio 2023 - viene elevata da 250 a 5.000 euro la soglia al di sotto della quale è consentito il rinvio del versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse nel primo e secondo trimestre solare. Conseguentemente, il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse dal 01/01/2023 potrà essere effettuato, senza il pagamento di sanzioni ed interessi:

  • in relazione al primo trimestre, entro il termine previsto per il versamento dell’imposta relativa al secondo trimestre (30 settembre), se l’ammontare dell’imposta da versare per le fatture emesse nel primo trimestre solare dell’anno risulta inferiore a 5.000 euro;
  • in relazione al secondo trimestre, entro il termine previsto per il versamento dell’imposta relativa al terzo trimestre (30 novembre) se l’ammontare dell’imposta da versare per le fatture emesse nel primo e secondo trimestre risulta, complessivamente, inferiore a 5.000 euro.

Un ultimo aspetto di cui tener conto concerne gli effetti del passaggio dal cartaceo all’e-fattura sulla numerazione dei documenti. Stando alla FAQ n.33 del 2018, per l’Agenzia, il passaggio al formato elettronico non impone alcun cambio di numerazione dei documenti né la tenuta dei registri sezionali. Nell’ambito di tale risposta, infatti, è stato chiarito che: “.. i contribuenti non sono tenuti ad adottare registri sezionali/sotto sezionali ai fini della registrazione e della conservazione delle fatture elettroniche e analogiche, potendo avvalersi di modalità di conservazione sia elettroniche - obbligatorie per le fatture elettroniche ai sensi dell'articolo 39 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 – sia analogiche. Inoltre, la numerazione delle fatture elettroniche e di quelle analogiche può, come già chiarito dalla risoluzione n. 1/E del 10 gennaio 2013, proseguire ininterrottamente, a condizione che sia garantita l'identificazione univoca della fattura, indipendentemente dalla natura analogica o elettronica. Così, ad esempio, alla fattura numero 1 analogica, possono succedere la numero 2 e 3 elettroniche, la numero 4 analogica e così via, senza necessità di ricorrere a separati registri sezionali…”.

 

Quadro Normativo

- AGENZIA DELLE ENTRATE - RISPOSTA  INTERPELLO N.428 DEL 12 AGOSTO 2022;

- AGENZIA DELLE ENTRATE - RISPOSTA  INTERPELLO N.422 DEL 12 AGOSTO 2022;

- DECRETO LEGGE N. 36 DEL 30 APRILE 2022 (ART. 18);

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